Dichiarazione dei diritti del 1795
L’unica uguaglianza può essere solo civile
La caduta di Robespierre e la fine del “Terrore” posero la Convenzione di fronte all’urgente problema di dare un assetto costituzionale alla Francia, poiché l’ultima costituzione approvata, quella giacobina del 1793, peraltro mai applicata, non rispondeva più alla situazione politica venutasi a creare dopo Termidoro.
Si pensò, in un primo tempo, di modificarla, ma ben presto si ritenne preferibile prepararne un’altra. Il progetto fu discusso dall’11 messidoro al 30 termidoro[1] e approvato subito dopo. La nuova Costituzione ebbe un carattere moderato e segnò, in gran parte, un ritorno alla Costituente dell’89: essa intendeva dare alla Francia un governo efficiente ma rispettoso dei principi costituzionali, un corpo legislativo che svolgesse la sua funzione con ponderatezza senza cadere nell’inazione, una magistratura del tutto indipendente.
Ma l’esperienza del Comitato di salute pubblica e del progressivo potere che era venuto acquistando consigliarono i membri della Convenzione di inserire, anche nella Dichiarazione che precedeva la carta costituzionale, qualche articolo che ricordasse esplicitamente come la sovranità risiedeva essenzialmente «nella universalità dei cittadini» e che perciò «nessun individuo, nessuna riunione parziale di cittadini» poteva attribuirsela. Nella stessa Dichiarazione si ritenne opportuno aggiungere ai diritti garantiti ai cittadini, i doveri che essi dovevano osservare: da un lato, quindi, gli obblighi dei legislatori, dall’altro quelli dei cittadini per la «conservazione della società».
L’unica eguaglianza possibile era quella civile, cioè il sottoporre tutti i cittadini, prescindendo dalla loro condizione sociale, alla stessa legge. Ci si preoccupò quindi non solo di garantire la proprietà come frutto del lavoro e dell’attività del singolo, ma di proclamare che sul mantenimento della proprietà si basavano non soltanto «la coltivazione delle terre, tutte le produzioni, ogni mezzo di lavoro», ma tutto «l’ordine sociale».
La preoccupazione degli uomini della Convenzione del ripetersi di esperienze dalle quali erano appena usciti li indusse anche ad abbandonare il suffragio universale per un suffragio di doppio grado, nel quale i grandi elettori dovevano possedere un patrimonio di almeno 200 giornate lavorative, e ad accettare un sistema bicamerale (camera dei 500 e camera degli Anziani) che, anche se completamente elettivo, costituiva sempre un motivo di maggiore tranquillità e sicurezza. Per assicurarsi l’effettiva applicazione della nuova costituzione, i convenzionali decisero che due terzi di loro entrassero a far parte del nuovo corpo legislativo.
La Dichiarazione dei diritti e dei doveri dell’uomo e del cittadino che qui si riporta è tratta da A. Saitta, Costituenti e Costituzioni della Francia moderna, Torino, Einaudi, 1952, pp. 152–54.
Per l’inquadramento storico cfr. qui sopra le indicazioni bibliografiche a pp. 170 e 175.
Costituzione della repubblica francese del 5 Fruttidoro anno III (22 agosto 1795)
Dichiarazione dei diritti e dei doveri dell’uomo e del cittadino
Il popolo francese proclama, in presenza dell’Essere Supremo, la dichiarazione seguente dei diritti e dei doveri dell’uomo e del cittadino.
Diritti
Art. 1. — I diritti dell’uomo in società sono la libertà, la eguaglianza, la sicurezza, la proprietà.
Art. 2. — La libertà consiste nel poter fare ciò che non nuoce ai diritti degli altri.
Art. 3. — L’eguaglianza consiste nel fatto che la Legge è eguale per tutti, sia che protegga, sia che punisca. La eguaglianza non ammette nessuna distinzione di nascita, nessuna ereditarietà di poteri.
Art. 4. — La sicurezza risulta dal concorso di tutti per assicurare il diritto di ciascuno.
Art. 5. — La proprietà è il diritto di godere e di disporre dei propri beni, delle proprie rendite, del frutto del proprio lavoro e della propria attività.
Art. 6. — La Legge è la volontà generale, espressa dalla maggioranza dei cittadini, o dei loro rappresentanti.
Art. 7. — Quanto non è vietato dalla Legge non può essere impedito. Nessuno può essere costretto a fare quello che essa non ordina.
Art. 8. — Nessuno può essere citato in giudizio, accusato, arrestato né detenuto, se non nei casi determinati dalla Legge, e secondo le forme che essa ha prescritto.
Art. 9. — Coloro che procurano, spediscono, firmano, eseguiscono o fanno eseguire atti arbitrari, sono colpevoli e devono essere puniti.
Art. 10. — Ogni rigore che non sia necessario per assicurarsi della persona di un prevenuto deve essere severamente represso dalla Legge.
Art. 11. — Nessuno può essere giudicato se non dopo essere stato ascoltato o legalmente citato.
Art. 12. — La Legge deve decretare solo pene strettamente necessarie e proporzionate al delitto.
Art. 13. — Ogni trattamento che aggrava la pena determinata dalla Legge è un delitto.
Art. 14. — Nessuna Legge, né criminale, né civile, può avere effetto retroattivo.
Art. 15. — Ogni uomo può impegnare il suo tempo e i suoi servizi; ma non può vendersi né essere venduto: la sua persona non è una proprietà alienabile.
Art. 16. — Ogni contributo è stabilito per l’utilità generale; esso deve essere ripartito fra i contribuenti, in ragione delle loro sostanze.
Art. 17. — La sovranità risiede essenzialmente nell’universalità dei cittadini.
Art. 18. — Nessun individuo, nessuna riunione parziale di cittadini può attribuirsi la sovranità.
Art. 19. — Nessuno può, senza una delega legale, esercitare alcuna autorità, né ricoprire alcuna pubblica funzione.
Art. 20. — Ogni cittadino ha un uguale diritto di concorrere, immediatamente o mediatamente, alla formazione della Legge, alla nomina dei rappresentanti del popolo e dei pubblici funzionari.
Art. 21. — Le funzioni pubbliche non possono diventare la proprietà di quelli che le esercitano.
Art. 22. — La garanzia sociale non può esistere se la divisione dei poteri non è stabilita, se i loro limiti non sono fissati, e se la responsabilità dei pubblici funzionari non è garantita.
Doveri
Art. 1. — La dichiarazione dei diritti contiene gli obblighi dei legislatori; la conservazione della società richiede che quelli che la compongono conoscano e compiano ugualmente i loro doveri.
Art. 2. — Tutti i doveri dell’uomo e del cittadino derivano da questi due principi, dalla natura impressi in tutti i cuori: «Non fate agli altri ciò che non vorreste fosse fatto a vol. IFate costante- mente agli altri il bene che voi vorreste ricevere».
Art. 3. — Gli obblighi di ognuno verso la società consistono nel difenderla, nel servirla, nel vivere sottoposti alla Legge, e nel rispettare quelli che ne sono gli organi.
Art. 4. — Nessuno è buon cittadino, se non è buon figliuolo, buon padre, buon fratello, buon amico, buon marito.
Art. 5. — Nessuno è uomo perbene se non è francamente e religiosamente osservatore delle leggi.
Art. 6. — Colui che viola apertamente le leggi si dichiara in istato di guerra con la società.
Art. 7. — Colui che, senza infrangere apertamente le leggi, le elude con astuzia o destrezza, ferisce gli interessi di tutti: egli si rende indegno della loro benevolenza e della loro stima.
Art. 8. — È sul mantenimento delle proprietà che riposano la coltivazione delle terre, tutte le produzioni, ogni mezzo di lavoro, e tutto l’ordine sociale.
Art. 9. — Ogni cittadino deve i suoi servizi alla patria e al mantenimento della libertà, dell’uguaglianza e della proprietà, tutte le volte che la Legge lo chiama a difenderle.
Note
[1] Messidoro andava dal 19 giugno al 18 luglio, termidoro dal 19 luglio al 17 agosto, fruttidoro dal 18 agosto al 16 settembre.
Fonte: Rosario Romeo e Giuseppe Talamo (a cura di), Documenti storici. Antologia, vol. II L’età moderna, Loescher, Torino, 1966.