Corto Maltese, Giuda e l’inflazione

di Paolo Marcucci

Mario Mancini
5 min readDec 20, 2020

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Una delle più belle scene della Ballata del mare salato, di Hugo Pratt, capolavoro della letteratura del Novecento, riguarda il tema del tradimento, impersonata storicamente dalla figura di Giuda e del suo famoso e noto compenso: i trenta denari.

Ambientato sullo sfondo dell’oceano pacifico, tra il 1913 e il 1915, durante la prima guerra mondiale, narra il passaggio adolescenziale di Pandora e suo cugino Cain.

Corto riceve un’offerta dagli inglesi per consegnare Slutter, il capitano del sommergibile tedesco, in cambio di un salvacondotto e di mille sterline. E lì c’è la sua grande risposta: “Siamo in piena inflazione!… Una volta non bastavano trenta denari?”

Anche ai giorni nostri l’idea di inflazione non sembra abbandonare le menti dei vertici europei, e deve essere ben radicata in profondità nelle convinzioni e nei libri di testo dell’architettura europea, se viene costantemente rievocata ad ogni occasione. Evocazione forse un po’ fuori luogo visto che siamo in una lunga serie storica di inflazione bassa o negativa, e da più parti si è parlato addirittura di deflazione come il vero pericolo da combattere. Si è dato per scontato che il pavimento reggesse l’urto dei prezzi e ci si è concentrati solo sul tetto che doveva bloccare l’impennata inflazionistica.

Ma tornando al tema dei trenta denari, è interessante il racconto, la ricostruzione, che ne fanno alcuni storici[1] mettendo in evidenza il processo inflazionistico e moltiplicandone il loro numero.

Nel Medioevo se ne sono contati 54 (quindi 24 in più): nove a Bologna, a Malta e Soissons (Francia) tre, in Spagna quattro (due a Castelvì de Rosanes e due a Valencia, gli altri dispersi tra Helsinki, Rodi, Mosca, Nin e altri luoghi. Monete (denari) diversi gli uni dagli altri naturalmente, ma ritenute da tutti, per la fede e il credere, i denari di Giuda.

I trenta denari diventano quindi reliquie, e questo è sorprendente perché si comprende come lo possano diventare i resti della croce, o delle vesti, o dei chiodi, ma molto meno il denaro oggetto del tradimento.

La storia racconta che Giuda si pentì e restituì le monete ai sacerdoti andando poi ad impiccarsi.

I denari, forse di ottima qualità, ritornarono dunque in possesso dei sacerdoti che lo avevano prelevato dal tesoro del tempio, ed essendo ormai sporco, non possono certo rimettercelo, e qui fa notare Travaini, c’è la prima ipocrisia: la moneta che era buona per pagare il tradimento, diventa cattiva e sporca di sangue dopo.

Secondo altre fonti i denari erano più modesti sicli d’argento di Tiro, le uniche monete accettate al tempio di Gerusalemme per motivi religiosi, in quanto gli ebrei non tolleravano la riproduzioni di animali o uomini, neanche sulle monete.

Mezzo siclo[2] (67–68 d.c.), sul davanti la scritta “mezzo siclo anno 2” (della rivolta), sul retro “Gerusalemme la santa”.

Il denaro fu così utilizzato per fare un acquisto di un terreno, che quindi il venditore utilizzò poi successivamente per comprare altri beni e chiudendo così la storia e il tracciamento nei suoi rivoli economici sterminati.

Fu così, dunque, che fu comprato il campo del vasaio, di cui è interessante raccontarne la storia.

ACELDAMA (Haceldama, ‘Ακελδαμάχ, dall’aramaico ḥăqal dĕmā’ “il campo del sangue”). — Nome che la tradizione pone in rapporto con il traditore Giuda (cfr. Atti degli Apostoli, I, 19; Matteo, XXVII, 8 segg.). Secondo gli Atti, tal nome fu dato al campo in cui avvenne la strana morte del traditore, che si aprì nel mezzo versando fuori gl’intestini. Alquanto diversa è la versione del primo Vangelo. Col denaro del tradimento, che Giuda, prima d’uccidersi, gettò nel tempio, i sacerdoti comprarono, per farne un cimitero per gli stranieri, il campo detto “del vasaio (forse ricordo di Geremia, XVIII, 1–6).
Il campo acquistato col prezzo del sangue di Gesù assunse da ciò il suo sinistro nome. Un’audace congettura avanza in proposito il Loisy (Les actes des Apôtres, Parigi 1920, p. 178). Il campo del sangue sarebbe stato nella fase prima della tradizione il cimitero dei giustiziati, dove dovette essere gettato il corpo di Gesù. Quando poi sorse la leggenda sulla sepoltura per opera di Giuseppe d’Arimatea, il ricordo del campo del sangue sarebbe stato rovesciato sul traditore.Fin dal sec. IV la tradizione poneva l’Aceldama a S. di Gerusalemme, e non lungi da Siloam e dalla valle di Hinnon. Là ancora nel Medioevo si gettavano i corpi dei pellegrini che morivano nello spedale di Gerusalemme: di là l’imperatrice Elena, madre di Costantino, e poi i Pisani nell’età comunale, trassero la terra per i campisanti di Roma e di Pisa. La presunta località presenta tracce d’antichi sepolcreti e di cave d’argilla (fonte Enciclopedia Treccani).

Akeldama, Gerusalemme.

Giuda dunque è il traditore e traditores è il termine riferito a vescovi e presbiteri che avevano consegnato le Sacre Scritture alle autorità romane. Il termine trae la sua radice dal verbo latino tradere che significava “consegnare” e assunse poi il significato di “tradire”, in riferimento appunto a Giuda.

Ma la lettura della sorte di Giuda è anche stata fatta in altra luce, e cioè che fosse piuttosto la vittima, il mezzo, affinché il grande piano di salvezza si potesse estendere a tutti gli uomini.

Tornando, in chiusura, a Corto Maltese, dobbiamo ritornare alle vicende del capitano Slutter, che viene accusato di omicidio e di fellonìa (tradimento), che per un militare è un accusa molto grave, disonorevole e vile. L’etimologia della parola è incerta ma, tra le tante, la più accettata sembra essere quella che proviene dall’anglosassone fee (feudo) e lon (prezzo)[3], prezzo del feudo che ritornerebbe al suo signore.

Il capitano Slutter, in una Ballata del mare salato, 1967

La storia, struggente, si chiude con Pandora che chiede a suo zio, capitano della nave inglese, di ritirare l’accusa di fellonia e l’eroe muore fucilato convinto che l’accusa infamante sia stata ritirata, che invece, dopo un ripensamento suggerito dall’ufficiale in seconda, viene trascritta e confermata nuovamente nei registri di bordo.

Note

[1] Amedeo Feniello, La lettura — Corriere della Sera del 19 luglio 2020, presentando il testo di Lucia Travaini, I Trenta denari di Giuda, che ricostruisce le storie delle più importanti reliquie nell’Europa medievale e moderna.

[2] Fonte Archeologia biblica

[3] Massimo Leone, Università degli Studi di Torino

Paolo Marcucci ha svolto tutta la sua esperienza lavorativa nel mondo bancario. È stato relatore a convegni/incontri a carattere economico, docenze a master universitari sul risk management. È stato assessore alla cultura e all’industria del Comune di Montelupo Fiorentino. Da sempre interessato alla storia e all’economia locale, la sua ultima pubblicazione è Storia della Banca Cooperativa di Capraia, Montelupo e Vitolini. Una banca territoriale toscana e l’economia locale al tempo della globalizzazione.

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Mario Mancini

Laureatosi in storia a Firenze nel 1977, è entrato nell’editoria dopo essersi imbattuto in un computer Mac nel 1984. Pensò: Apple cambierà tutto. Così è stato.