Anselm Kiefer: quando mai impareremo?
Sag mir wo die Blumen sind
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COPERTINA
“Sag mir wo die Blumen sind” (Dove andranno i nostri fiori) è il titolo della mostra che lo Stedelijk Museum e il Van Gogh Museum di Amsterdam hanno allestito per celebrare gli 80 anni di Anselm Kiefer (fino al 9 giugno 2025).
Il titolo è tratto da una canzone di protesta del 1955 “Where Have All the Flowers Gone” del cantante folk e attivista Pete Seeger, resa popolare da Marlene Dietrich nella versione tedesca, da Patty Pravo in quella italiana e interpretata da par suo da Joan Baez.
La tripla copertina di oggi è dedicata proprio a queste tre grandi interpretazioni. Per il tema della mostra, Kiefer ha tratto ispirazione da un verso significativo della canzone che recita “Quando mai impareremo?” (When will we ever learn?/Wann wird man je verstehen?).
Un interrogativo che oggi rimbomba più vero che mai. Il verso ricorre spesso nel testo originale della canzone ed esprime l’angoscia sul ciclo infinito di guerre e sofferenze, chiedendosi quando mai l’umanità riuscirà a trarne un insegnamento finale.
L’80enne Anselm Kiefer è spesso considerato il più importante artista vivente. Lo abbiamo già visto a Firenze: nel cortile di Palazzo Strozzi “Gli angeli ribelli” (8x9 metri) contaminava lo spazio di materica immensità.
Le composizioni di Kiefer sono stordenti, lo sono particolarmente i paesaggi che richiamano quelli che Tarkovskij riprende a volo d’uccello in “Andrej Rublëv”: campi, acque, alberi immoti e persone perdute in queste immensità.
E sono proprio i paesaggi ad unirlo a un sommo artista al quale deve molto, Vincent Van Gogh. Già da liceale Kiefer, con una borsa di studio, si era recato a visitare i luoghi dell’artista olandese per trarne linfa artistica.
Kiefer e van Gogh dialogano nella mostra di Amsterdam: 25 dipinti, 13 disegni e tre film dell’artista tedesco dal 1973, più otto opere dell’olandese che si riflettono nei giganteschi dipinti di Kiefer, fino a 10 metri.
Gli spessi strati di colore di van Gogh vengono reinterpretati da Kiefer mediante la sovrapposizione di terra, paglia, felce bruciata, cenere, foglie e tessuti, creando una superficie materica densa e stratificata, ma ordinata.
Utilizza una vasta gamma di colori caratterizzati da tonalità terrose, scure e opache. La sua tavolozza è dominata da grigi plumbei e cinerei, marroni terrosi e ocra, neri carbonizzati, ruggine e tonalità ossidate e pigmenti dorati.
Le composizioni sembrano rovine devastate, reminiscenze di campi di battaglia solcati da carri armati e artiglieria. Le fosse scavate dai carri armati russi nel 1969 nei campi e nei boschi della Cecoslovacchia si vedevano dal satellite.
Il filo conduttore dell’arte di Kiefer, nato nel 1945, è il trauma irrisolto della guerra, una ferita collettiva con cui l’umanità non riesce mai a fare definitivamente i conti. Da qui il “quando mai impareremo?”.
Per chi non ha la possibilità di essere Amsterdam, c’è un documento eccezionale sull’opera di Kiefer. Si tratta del film “Anselm Kiefer” di Wim Wenders, disponibile su SkyArte/NowTV. Li c’è già tutto alla maniera di Wenders.