Amazon Publishing, oltre l’autopubblicazione e l’editoria tradizionale

Come far scoprire i libri a coloro che vogliono leggerli

Mario Mancini
29 min readAug 27, 2017

Vai agli altri articoli della serie “Il fenomeno di Amazon”

Dall’auotopubblcazione alla pubblicazione

Amazon ha inventato il self-publishing… Oppure, detto per coloro che non amano Amazon, ha creato l’infrastruttura che ha fatto uscire il self-publishing dall’irrilevanza e dalla pateticità trasformandolo in un fenomeno, anche economico, che lascia a bocca aperta. Oggi le transazioni che avvengono sul Kindle Store (il mercato dei contenuti autopubblicati) costituiscono il 15% dell’intero settore del libro nel paese leader, gli Stati Uniti.

Ma, e non è una sorpresa, Amazon è andato oltre la semplice infrastruttura tecnologica e logistica, lanciandosi nell’agone dei contenuti narrativi, cioè nella pubblicazione di libri, o di quello che continuiamo a chiamare per comodità libri. E lo fa ha fatto a modo suo, cioè creando un nuovo modello editoriale, alternativo sia all’editoria tradizionale sia all’autopubblicazione. Un modello di sintesi.

Con i capitali di cui dispone (in borsa vale oltre 500 miliardi di dollari), il colosso di Seattle avrebbe potuto acquisire una qualsiasi casa editrice importante e iniziare un business di editoria tradizionale. In genere si fa così. Ma non è in questo il modo di lavorare di Amazon, almeno fino ad oggi. Invece di acquisire, diciamo Simon&Schuster (una delle big five), Amazon ha avviato una propria autonoma attività editoriale che fa capo ad Amazon Publishing, una divisione del conglomerato dell’e-commerce che potremmo definire, dilatando molto il termine, casa editrice, o meglio gruppo editoriale perché opera attraverso 14 marchi editoriali, creati dal niente oppure con l’acquisizione di piccole realtà fortemente focalizzate e caratterizzate.

I marchi editoriali di Amazon Publishing e la loro specializzazione

Lasciando da parte le precedenti iniziative, più sperimentali che altro come AmazonEncore (2009) o AmazonCrossing (2010), Amazon Publishing, avviato di fatto del 2011, è stata la prima incursione di Jeff Bezos & co. nel campo della produzione diretta di contenuti. Questa esperienza ha insegnato molto al management di Amazon tanto da divenire il viatico attraverso il quale avviare nuove iniziative nel campo della produzione dei contenuti, come Amazon Studios; una iniziativa che ha riempito di soddisfazione e di gratificazioni (tra cui un Oscar per Manchester on the Sea) i suoi promotori e gli azionisti.

Esclusa ogni acquisizione importante, o semplicemente impossibilitato a farlo per ragioni di antitrust, Amazon ha pensato di percorrere il percorso classico della grande azienda quando avvia un nuovo servizio. Ha messo a capo dell’iniziativa un insider noto e stimato dell’editoria americana, Larry Kirshbaum, con il compito di ingaggiare, a suon di anticipi a svariate cifre (800mila dollari all’ex-attrice Penny Marshall per le sue memorie), scrittori mainstream in grado di realizzare grandi volumi di vendita.

Richiamandoci alla teoria della Coda Lunga di Chris Anderson, Amazon ha deciso di operare nella testa corta della Coda, quella dove sono i Blockbuster. Questo posizionamento però non ha funzionato per una semplice ragione: gli autori di alta e medio-alta classifica non avevano nessuna intenzione di abbandonare i loro editori per passare ad Amazon, che iniziava ad essere visto con sempre minore simpatia e con sempre crescente ostilità e preoccupazione.

Poi la brutale disputa con Hachette sul prezzo degli ebook ha messo la pietra tombale sul progetto avviato da Kirshbaum. Ad aggravare lo scenario è accaduto che le librerie, in testa a tutte Barnes&Noble già dal 2009, avevano deciso di boicottare le pubblicazioni di Amazon Publishing, rifiutandosi di esporle sui loro scaffali e di rifornirle ai lettori. Senza le librerie, gli autori professionisti, si sono sentiti privi di ogni rete di sicurezza e del loro più importante sbocco al mercato, almeno a livello di percezione.

Per di più i titoli pubblicati da Amazon, pur realizzando migliaia di copie e a volte centinaia di migliaia, non comparivano nelle classifiche del New York Times, la più autorevole bestseller list del paese, perché il quotidiano di New York non prende in considerazioni i libri disponibili presso un unico venditore.

Il mondo del libro — scrive Brad Stone in The Everything Store, Jeff Bezos and the Age of Amazon — respinse in massa il tentativo editoriale di Amazon.

La Coda Lunga nel mercato del libro

Un nuovo modello di editoria

Nel gennaio 2014 Kirshbaum lascia Amazon Publishing ed è sostituito da Daphne Durham, una executive che ha trascorso la sua intera carriera in Amazon. La sede viene trasferita da New York City a Seattle, anche se rimangono gli uffici di Manhattan sulla Quinta Strada. Impossibile fare gli editori globali senza una presenza fisica nella Grande Mela, la capitale dell’industria del libro. Successivamente è Jeff Belle, in Amazon dal 2002, a prendere in carico Amazon Publishing con la carica di Vice President.

Da quel momento la strategia di Amazon Publishing prende una direzione diversa. Si riposiziona nella parte medio-lunga della Coda, punta sulle nicchie, si focalizza sui generi più popolari tra i clienti del Kindle Store e soprattutto avvia il reclutamento di quegli autori che iniziano a farsi strada con l’esperienza del self-publishing o che, malgrado il loro talento, non riescono a farsi strada nell’editoria tradizionale. Disponendo di informazioni che nessun altro operatore del settore può disporre, Amazon è in grado di individuare da subito le potenzialità di un manoscritto o di un nuovo autore e a quel punto ingaggiarlo nella scuderia di Amazon Publishing.

Anche il modello distributivo cambia e diventa mimetico di quello del self-publishing. I titoli si possono scaricare in ebook dal Kindle Store o acquistarli nel negozio di Amazon che provvede, tramite una sua controllata CreateSpace, a stamparli al momento dell’ordine e recapitarli a domicilio dell’acquirente in tempi non molto dilatati rispetto ai titoli tradizionali. La logistica eccezionale di Amazon lo permette e l’acquirente neanche percepisce che ancora il libro che ha ordinato non esiste materialmente. Molti titoli di Amazon Publishing e dei suoi marchi sono disponibili anche in audiobook attraverso un’altra controllata di Amazon, Audible.

C’è poi un altro aspetto che Amazon publishing mutua dal self-publishing. È la centralità dell’autore e del suo rapporto diretto con il lettore in tutte le fasi della vita del contenuto: dall’editing alle recensioni, dai dati di vendita in tempo reale alla liquidazione mensile delle royalty, dalle statistiche storiche delle vendite alle campagne di marketing, dalle promozioni alle raccomandazioni di acquisto al lettore.

Si può dire che Amazon Publishing metta in atto una sorta di self-publishing assistito; assistito da una organizzazione che forse non ha uguali in tutta la filiera dell’industria globale del libro. Il solo accesso ai dati può veramente costituire un punto di svolta nel riuscire a confezionare un contenuto che arrivi davvero al suo pubblico di riferimento e non disperda inutilmente le risorse in azioni inefficaci. Mutuando un concetto dalla pubblicità, potremmo chiamare questo schema, editoria targetizzata o predittiva. Jeff Belle, parlando di Amazon Publishing, dice che mutua il suo modello più da Procter&Gamble che dall’esperienza dell’editoria, facendo dell’arte di vendere contenuti una scienza. E in effetti qualcosa si vede.

Secondo il report del febbraio 2017 da AuthorEarnings , che traccia le vendite e i ricavi degli autori sul Kindle Store, Amazon Publishing realizza il 15% delle transazioni che avvengono sul Kindle Store negli Stati Uniti, il 10% nel Regno Unito, il 3% in Canada e l’8% in Australia. Si tratta quindi di una realtà di tutto rispetto.

La sesta delle big five?

Oltre a Seattle e New York, gli uffici di Amazon Publishing sono anche a Londra, Lussemburgo, Parigi, Madrid, Milano e Monaco. In un documento del 2016 inviato da Belle a “Publisher Weekly” (PW), si dichiara che Amazon Publishing come unità vendute occupa il secondo posto nella classifica degli editori bestselling sul Kindle Store negli Stati Uniti e il primo posto per quel che concerne le novità. Nel 2016 ha pubblicato 1000 titoli. Amazon è nota per la fiction commerciale, pur rimanendo fortemente impegnato nella fiction letteraria che, secondo Belle, acquisterà un ruolo sempre più importante nel catalogo di Amazon Publishing.

La maggior parte delle vendite proviene dagli ebook, ma sono in fortissima crescita gli audiobook e le versioni cartacee in print-on-demand.

In pochi anni — Ha dichiarato Belle a PW — abbiamo creato un business che è pari a quello delle big five in termini di qualità, servizio e vendite.

Un recente report di “Publisher Weekly”, che ogni anno stila una classifica dei bestseller del semestre considerato, ha mostrato che, dal 1 gennaio 2017 al 31 giugno 2017, 12 dei venti titoli che hanno venduto di più sul Kindle Store sono stati pubblicati dai marchi di Amazon Publishing. Nello stesso periodo del 2016 un solo titolo di Amazon Publishing aveva fatto capolino della lista stilata dal magazine di New York. Una rilevazione che ha lasciato abbastanza perplessi gli addetti ai lavori, tanto da far pensare che Amazon riservi una corsia preferenziale ai propri autori e titoli. Più o meno quello che fa Google nelle ricerche naturali con i propri servizi, un comportamento per il quale ha ricevuto una sanzione pesante da parte della Commissione Europea.

Un rappresentante di Amazon ha dichiarato al giornale che, dal 2016 al 2017, non è cambiato niente nelle modalità con cui Amazon stila le classifiche e organizza le promozioni sul Kindle Store. Ed è senz’altro così. Il fatto che i titoli di Amazon Publishing salgano, in numero sempre crescente, nella lista dei bestseller deriva dal fatto che la casa editrice di Seattle riesce ad avvalersi dell’ecosistema di Amazon meglio di qualsiasi altro competitor. Questo ecosistema è molto articolato e fornisce molteplici sbocchi per un titolo e tutti questi contribuiscono al suo posizionamento in classifica. I titoli di Amazon Publishing, a differenza di quelli di molto altri competitor che limitano l’adesione ai programmi del Kindle Store, partecipano intensivamente a questi programmi come Kindle Prime Reading o Kindle Unlimited. Questo li avvantaggia oggettivamente, ma tali programmi sono aperti anche ai competitor.

Per esempio Kindle First è un grande propulsore di vendite. Questo specifico programma permette ai cinque milioni lettori che si sono abbonati di accedere con un mese di anticipo rispetto all’uscita ufficiale alle nuove pubblicazioni a un prezzo agevolato. Secondo Belle questo programma è una vera manna per le vendite

Le fonti di Amazon Publishing

Stando a quanto Belle a dichiarato a PW, i titoli di Amazon provengono da tre fonti primarie. Gli agenti letterari che ogni giorno sottopongono ad Amazon Publishing manoscritti come fanno con tutti gli altri editori. Da uno scouting diretto indirizzato particolarmente a contenuti pubblicati nelle diverse aree linguistiche così da poterli tradurre e portarli attraverso il marchio Amazon Crossing a un pubblico globale. Infine la terza fonte è costituita da autori che hanno pubblicato con KDP così da poterli aiutare a trovare un’utenza più vasta. “Le ultime due aree — ha dichiarato Belle — sono ampiamente mal servite è sono un bacino immenso… C’è spazio per tutti”.

Una chiusa perfettamente in stile Amazon

Nina Shapiro sul “Seattle Weekly” ha dedicato un ampio servizio ad Amazon Publishing, dal titolo The Perks, Pitfalls, and Paradoxes of Amazon Publishing. Il servizio fotografa proprio momento di riposizionamento della propria attività dopo la difficile esperienza di Kirshbaum e il trasferimento a Seattle. Ilaria Amurri ha tradotto questo articolo che vi proponiamo qui di seguito. Buona lettura.

Il rilancio di Megan

La scrittrice Megan Chance seduta di fronte alla sede di Amazon a South Lake Union, un quartiere di Seattle

Un giorno, nel 2012, l’autrice di romanzi storici Megan Chance, originaria della penisola di Kitsap, arrivò a South Lake (Seattle), nella sede di Amazon, per prendere parte a una riunione. Il nuovo, elegante campus del gigante dei negozi online brulicava di ingegneri e sviluppatori di varie nazionalità, di esperti di marketing e di gestione aziendale, eppure la Chance si ritrovò in un piano praticamente vuoto: “Ci saranno state quattro persone in tutto, era una situazione strana”, ricorda (oggi Amazon Publishing ha 33 editor).

L’ormai ventennale negozio online stava avviando una divisione relativamente nuova e ancora parzialmente incompresa, che si occupava non solo di vendere libri sulla sua vasta piattaforma digitale, ma anche di pubblicarli. Con la velocità frenetica di una start-up, in pochi anni Amazon Publishing aveva lanciato una serie di marchi editoriali rivolti a diverse nicchie di pubblico: dai gialli, al romanzo rosa o storico, alla fantascienza e molto altro ancora. Ora il nuovo marchio dedicato al suo genere, Lake Union Publishing, voleva pubblicare l’ultimo libro della Chance, Bone River, un romanzo ambientato nel XIX secolo in cui un etnologo sviluppa una connessione mistica con una mummia.

La cinquantenne Megan Chance era a un punto piuttosto morto della propria carriera. Aveva passato vent’anni a scrivere libri che ingiallivano sugli scaffali delle librerie, intrappolati in quello che secondo lei era un “circolo vizioso” molto comune nel mondo dell’editoria. Aveva venduto il suo primo libro ad Hachette, che aveva visto in lei un potenziale sufficiente da offrirle un generoso anticipo. Tuttavia, le vendite erano state piuttosto esigue e la volta successiva l’editore stampò un minor numero di copie, ma le cose non migliorarono. In seguito, racconta la Chance, Hachette decise di “chiudere” con lei, al che la scrittrice passò a un’altra casa editrice, dove la spirale di declino non fece che continuare. Con Bone River era pronta per un nuovo editore, ma a New York il suo approccio non riuscì a fare presa. “Torni da noi quando avrà dei numeri migliori”, le dicevano.

Nella sala cavernosa di Amazon, la squadra di editing e del marketing le diede un’accoglienza completamente diversa.

Non ci interessa — dissero parlando dei numeri che aveva fatto fino a quel momento — Quello che facciamo non ha niente a che vedere con l’editoria tradizionale. Possiamo portare i suoi libri alle persone che vogliono leggerli.

La scrittrice firmò con Amazon e il team mantenne la sua promessa (forte del libero accesso alla classifica del sito, dell’uso strategico di enormi quantità di dati sugli utenti e di intelligenti campagne di marketing via email e Kindle). Bone River vendette circa 70.000 copie, superando di sette volte il bestseller precedente dell’autrice, e Inamorata, un altro libro della Chance, pubblicato nell’agosto, ne vendette 120.000. “Avere un pubblico dopo tutti questi anni è stata una gioia e una benedizione”, ha detto.

In compenso ha dovuto rinunciare a togliersi altre soddisfazioni. I suoi libri vengono esposti raramente nelle librerie, la maggior parte delle quali non propone i titoli di Amazon perché stufa dei prezzi troppo competitivi del colosso di Seattle, che pensano voglia distruggerle. L’autrice sta inoltre sacrificando il prestigio all’interno del mondo letterario tradizionale, di cui New York è il punto nevralgico, nonché un certo grado di notorietà a livello mondiale.

Il modello Amazon

La scrittrice di thriller Deborah Reed, di Los Angeles, ha venduto più di 100.000 copie con Amazon. “È pazzesco”, dice, “sembra che nessuno abbia mai sentito parlare di me”.

Amazon ha creato, infatti, un nuovo modello di editoria quasi interamente autonomo. I libri sono venduti in prevalenza sotto forma di eBook. Di solito vengono pubblicati esclusivamente sulla piattaforma Kindle, come spiega la portavoce della società Katie Finch. Inoltre Amazon recluta molti autori attraverso la sua celebre piattaforma di autopubblicazione, Kindle Direct Publishing (KDP). I libri vengono pubblicizzati sul sito e su Kindle Store e di solito sono in vendita presso un unico negozio: Amazon.

Non è esattamente questo il modello a cui Amazon aspirava un tempo, infatti a New York gira voce che Amazon Publishing sia “un fiasco totale”, come ha sentito dire l’autore Douglas Preston (oppositore di Amazon). In effetti l’azienda ha prodotto ben pochi grandi nomi, non ha pubblicato molti libri che la critica si sia sentita in dovere di recensire e di rado ha visto i suoi titoli nella classifica dei bestseller del New York Times.

Eppure questo modello si è dimostrato sorprendentemente prolifico per alcuni autori di fascia media [i cosiddetti midlist], lasciati indietro dalle grandi case editrici. Ad esempio, la scrittrice di thriller Deborah Reed, di Los Angeles, ha venduto più di 100.000 copie con Amazon. “È pazzesco”, dice, “sembra che nessuno abbia mai sentito parlare di me”.

Risultati come questi possono allettare persino gli scrittori più affermati. Robert Dugoni, autore di gialli legali, sovente, in vetta alle classifiche del Times. Ha pubblicato il suo ultimo libro, Non ho paura del buio con Thomas & Mercer, un marchio di Amazon Publishing. “Io ci lavoro coi libri”, dice l’autore spiegando la sua scelta editoriale e le possibilità di ricavi che ne conseguono. “Ho due bambini che frequentano una scuola privata e che spero andranno al college, un giorno”.

Se questo vi fa pensare che Amazon sia la via della ricchezza per gli autori, sappiate che non è proprio così semplice. Alcuni si ritrovano a lavorare senza guadagnarci quasi niente e gli ostacoli da superare per arrivare al successo, specialmente nel mercato degli autori autopubblicati, sono sempre maggiori. Aaron Shepard, autore di tre manuali sull’autopubblicazione con Kindle, ha scritto sul suo blog un messaggio che si sentiva in dovere di lanciare ai suoi lettori: “La festa è finita”.

Arricchiti o meno, pare che gli autori autopubblicati stiano contribuendo a far prosperare il grande universo di Amazon, a cui ovviamente interessa vendere non solo libri a basso prezzo, ma anche dispositivi elettronici, vestiti, utensili da cucina, film e tanto altro.

Robert Dugoni, uno scrittore midlist, tradotto in 25 paesi, ha pubblicato fino al 2012 con Simon&Schuster per passare a Thomas & Mercer (un marchio di Amazon Publishing) con cui pubblica dal 2014 i suoi romanzi.

Il dilemma dell’autore

Se questo universo sia un luogo abitabile anche per gli autori famosi, come Dugoni, è un mistero tuttora irrisolto. Prendiamo la battaglia contro Hachette, che verteva sulle condizioni a cui la veterana dell’editoria avrebbe dovuto fornire i suoi libri al mega negozio di Seattle. Amazon ha mostrato i muscoli in modo talmente aggressivo (ritardando le spedizioni e sabotando il processo di acquisto dei libri Hachette sul sito) che circa mille autori hanno firmato due lettere aperte protestando contro quella che vedevano e vedono tutt’oggi come una minaccia al loro sostentamento.

Eppure centinaia di altri scrittori si sono schierati in difesa di Amazon, firmando una petizione in cui arrivano a dire che l’azienda ha “garantito l’indipendenza a un numero di autori mai visto prima nella storia dell’umanità”. Dietro alla petizione c’è una fra le più grandi stelle dell’autopubblicazione, Hugh Howey.

“Vedo autori divisi tra loro. Fondamentalmente si schierano con una squadra”, osserva il famoso scrittore di fantascienza Greg Bear, di Lynnwood. A lui non piace né pensa che sia nell’interesse degli autori l’idea di schierarsi in una lotta fra colossi editoriali. L’unica cosa che gli interessa è capire come aiutare gli scrittori.

Quando si tratta di Amazon, il corso degli eventi non è ancora definito. Come alcuni scettici nei confronti di Amazon sono ansiosi di sottolineare, l’autopubblicazione non è propriamente una novità. Nel 1843 Charles Dickens, arrabbiato con il suo editore e desideroso di ottenere maggiori ricavi, pubblicò autonomamente Canto di Natale. Eppure il successo della famosa fiaba natalizia, scritta peraltro da un autore già famoso, fu a lungo un’eccezione che confermava la regola.

“Lo chiamavano vanity publishing [o “editoria a pagamento”], ricordate?”, dice Mike Shatzkin, blogger esperto di consulenza editoriale. “Ti ritrovavi con 1.000 libri ammassati in garage e in bocca al lupo… L’idea di fare i soldi con l’autopubblicazione era assurda. Amazon l’ha resa possibile senza l’aiuto di nessuno” e l’ha fatto introducendo il Kindle nel 2007, anno in cui ha lanciato Kindle Direct Publishing (consentendo inoltre di pubblicare copie cartacee con il programma CreateSpace). Grazie a costi di produzione di gran lunga inferiori a quelli del cartaceo, gli ebook hanno dato vita a un nuovo tipo di autopubblicazione. Con KDP gli autori non pagano alcun anticipo ad Amazon, ma la società si prende il 30% dei ricavi una volta che il libro comincia a vendere.

L’autopubblicazione come incubatore e come opportunità

La cover dell’audiobook di Medicine Men di Carolyn Jourdan che aveva raccolto solo rifiuti dagli editori di New York. Come libro autopubblicato è stato un enorme successo.

Agli autori resta dunque un 70% di royalty, molto più del 10% o del 15% offerti dall’editoria tradizionale cartacea, ed è per questo che alcune star autopubblicate stanno riuscendo a guadagnare oltre $100.000 l’anno.

“Molto più di $100.000, che qui è come dire un milione di dollari”, scherzava l’autrice di KDP Carolyn Jourdan, parlando al telefono, il mese scorso, dalla sua casa nella campagna degli Appalachi, nel Tennessee orientale. Ex avvocato del Congresso, la Jourdan iniziò a scrivere quando fu costretta a tornare a casa, dopo un attacco di cuore della madre, ad aiutare il padre che faceva il medico nella sua cittadina. Dal suo racconto fervido e spiritoso di quei giorni divenuti anni nacque un manoscritto che attirò l’attenzione della prestigiosa casa editrice Algonquin Books, che pubblicò Heart in the Right Place nel 2008. Il libro finì nella classifica dei bestseller del Wall Street Journal.

“Tutto quello che scrissi nei dieci anni successivi fu respinto”, racconta la Jourdan. Era passata dal romanzo autobiografico alle vignette umoristiche sulla vita dei monti Appalachi. Le vignette, che potevano essere anche di una sola frase, erano troppo “corte”, le dicevano, ma anche “troppo etniche, stravaganti e a sfondo religioso”. Come ha detto col suo accento montanaro, “Voglio dire, è questa la cultura del posto”.

Nel tempo accumulò quella che ha definito “una pila informe di manoscritti” e per finanziarsi iniziò a lavorare per una società di marketing che collaborava con il Great Smoky Mountains National Park. Poi, due anni fa, all’età di 58 anni, fu licenziata.

Allora tornò alla sua pila informe. “Vediamo se questa cosa di Amazon funziona davvero”, pensò. Nel giro di un giorno caricò Medicine Men: Extreme Appalachian Doctoring (“Sciamano: la medicina estrema degli Appalachi”), senza neanche rileggerlo. Decise di farlo scaricare gratuitamente, “Non c’era alcun ragionamento dietro, era pura isteria”, racconta.

Nel giro di pochi giorni oltre 20.000 persone avevano scaricato il suo libro e 100.000 nei mesi successivi. “Beh, ha funzionato”, si disse. Da allora ha autopubblicato altri cinque libri e ha iniziato a farli pagare. Stabilisce i prezzi autonomamente e adesso vende Medicine Men a $9,99 (tre o quattro volte il prezzo di molti libri autopubblicati).

Tuttavia non disdegna i trucchi di Amazon per incrementare le vendite. Per una settimana, il mese sorso, ha messo in vendita Medicine Men a 99 centesimi con il “Kindle Countdown Deal”, un’offerta caratterizzata da un orologio che conta alla rovescia i giorni, le ore, i minuti e i secondi rimanenti, trasmettendo l’impressione di un’occasione imperdibile. Dopo cinque giorni aveva venduto 7.000 copie, per un guadagno di circa $4.600.

Considerato il suo successo, la Algonquin è tornata a manifestare il suo interesse nei confronti dell’autrice. La Jourdan, dal canto suo, sta contemplando la possibilità di presentare qualcosa su cui si possa lavorare a livello di editing, ma non progetta di tornare in toto all’editoria tradizionale. “Non posso permettermelo”, dice.

L’appassionato di storia antica Greg Bear si è visto dire di sì da Amazon a un progetto La Mongoliade, che nessun altro editore avrebbe mai preso seriamente in considerazione per il suo format e per l a sua estensione.

Se l’impubblicabile è invece pubblicabile

Finora Amazon non è corsa dietro alla gente, ma la Jourdan è il tipo di autrice di cui l’azienda è andata in cerca, nel 2009, quando ha notato che alcuni libri pubblicati con KDP stavano attirando un pubblico consistente. “Abbiamo cominciato a leggerli e ne siamo rimasti colpiti”, ha dichiarato il mese scorso Jeff Belle, vicepresidente di Amazon Publishing, sul Seattle Weekly.

“Abbiamo aperto un dialogo con quegli autori e sentivamo sempre le stesse cose”, cioè che continuavano a ricevere lettere di rifiuto, “per quanto incoraggianti”, dice Belle. Gli agenti e gli editori apprezzavano i manoscritti, ma per una serie di motivi non pensavano di poterli vendere, mentre Amazon, che ha reso la vendita una scienza, lo ha fatto.

Quindi la società lanciò il suo primo marchio editoriale nel 2009, Amazon Encore, dedicata agli autori scoperti nel mercato delle autopubblicazioni. La missione si estese alla ripubblicazione dei libri fuori stampa, attingendo in parte a una serie di titoli “riscoperti” dalla celebre ex libraia di Seattle, Nancy Pearl, la quale ha ricevuto dure critiche, all’interno della comunità letteraria, a causa del suo accordo con Amazon.

Belle racconta che i suoi collaboratori gli chiesero: “Che alternative abbiamo?”. Seguendo i siti Amazon di tutto il mondo, si resero conto che molti grandi libri scritti in lingue diverse non riuscivano a sfondare in inglese e fu così che nacquero le traduzioni di Amazon Crossing. Uno dei primi successi fu il thriller storico del tedesco Oliver Pötzsch sulla caccia alle streghe nel XVII secolo, The Hangman’s Daughter: “Abbiamo venduto circa mezzo milione di copie”, dice Belle.

Ne seguì una raffica di nuovi marchi, in tutto più di una dozzina, per finire con l’ultimo, Waterfall Press, di interesse cristiano, che è stato lanciato nel 2014. In totale, dice Belle, i vari marchi hanno pubblicato circa 5.000 libri dal 2009 al 2014.

Dalla sua casa sul lago Martha di Lynnwood, Greg Bear racconta come è arrivato a farsi pubblicare dalla 47North, di Amazon. Essendo un amante del mondo antico, gli piaceva praticare le arti medievali, come faceva regolarmente in una scuola circense di Georgetown con il famoso autore di fantascienza Neal Stephenson, di Seattle, assieme ad alcuni fabbricanti di spade e altri amici appassionati di fantascienza. Dopo aver finito si sedevano in cerchio a “raccontare la storia”, dice Bear. Insieme, inventarono un racconto che parlava della lotta contro un khan mongolo intenzionato a distruggere l’Europa nel XIII secolo e alla fine la storia divenne un manoscritto di gruppo di 500.000 parole.

Un libro così lungo, scritto da sette autori, molti dei quali sconosciuti, non si confaceva all’editoria tradizionale. “New York non sembrava in grado di accettarlo”, racconta Bear. Le pubblicazioni di genere sono state colpite, negli ultimi vent’anni, dalla decimazione del mercato di massa (basti pensare ai tascabili economici, che una volta riempivano i negozi e gli aeroporti e che ora si vedono sempre meno, a causa di un complesso insieme di fattori legati al consolidamento dei fornitori). Per questo le case editrici interessate a The Mongoliad non erano in vena di assumersi rischi.

Amazon, però, aveva voglia sia di provare qualcosa di diverso, sia di creare un nuovo mercato di massa. Nel 2012 la 47North lanciò la serie di Mongoliad, promuovendola alle convention del Comicon e all’Experience Music Project Museum, in occasione del quale organizzò anche un torneo di spade. “Abbiamo venduto centinaia di migliaia di copie”, dice Bear, pur facendo notare che nella comunità letteraria è come se il libro non esistesse. “Niente di ciò che esce da Amazon o dalla 47North è di alcun interesse a New York”.

Gli insegnamenti dell’esperienza di New York

Larry Kirshbaum, Vice-President e Publisher di Amazon Publishing dal 2012 al 2014. La scommessa perduta di Kirshbaum ha insegnato molto al team di Amazon.

È stato nella “Grande Mela”, infatti, che Amazon Publishing ha cominciato a sembrare un flop. Oggi Belle minimizza l’importanza dell’ufficio editoriale aperto a New York nel 2011. Man mano che diventava una casa editrice a tutti gli effetti, Amazon Publishing veniva a conoscenza di un numero crescente di agenti interessati a vendere manoscritti, racconta, e avere un ufficio nel cuore del mondo editoriale aveva senso affinché gli agenti e altri professionisti potessero partecipare alle riunioni.

Tuttavia, altre persone dell’ambiente dicono che l’ambizione di Amazon fosse molto più grande. L’obiettivo, secondo un ex-dipendente a conoscenza delle strategie di Amazon Publishing e della loro attuazione, era di uscire con “grandi libri. Dovevamo competere con le maggiori case editrici”, il che era abbastanza palese a giudicare dal comportamento dell’uomo scelto per gestire l’ufficio di New York, Larry Kirshbaum, ex CEO del Time Warner Book Group, nonché scopritore di luminari della letteratura del calibro di James Patterson e Nicholas Sparks. Il suo passaggio ad Amazon fece grande scalpore nel mondo letterario, così come gli anticipi a cinque zeri che iniziò a dispensare.

Kirshbaum pubblicò diversi autori famosi, fra cui il guru del self-help Timothy Ferriss, l’attrice Penny Marshall e il cantante Billy Ray Cyrus, ma le vendite andarono molto peggio del previsto.

Sebbene Amazon fosse entrata in collaborazione con Houghton Mifflin Harcourt per pubblicare la versione cartacea di una serie di titoli, molte librerie non erano intenzionate a venderli. Barnes & Noble annunciò il suo boicottaggio nel 2012, presentando la mossa come una ripicca per il comportamento di Amazon nel mercato degli ebook. Infatti, Amazon stava spingendo editori, agenti e autori a distribuire i libri esclusivamente con Kindle, mettendo in crisi l’ereader di Barnes & Noble, il Nook.

Altre librerie fecero la stessa cosa, prendendosela in particolare con un’applicazione per il controllo dei prezzi sviluppata da Amazon per la stagione natalizia del 2011, che incoraggiava i clienti a usare i negozi come showroom per poi comprare i libri online.

“Stava davvero combattendo con una mano dietro la schiena”, dice il consulente Shatzkin parlando di Kirshbaum. I suoi grandi nomi (Marshall, Cyrus e Ferriss) scrivevano libri di saggistica, che erano difficili da vendere esclusivamente nel mercato degli ebook. Come spiega un ex-membro di Amazon Publishing, “Chi compra saggistica è più studioso, più riluttante a cogliere le occasioni”, il genere di persona che vuole vedere e sfogliare un libro prima di comprarlo.

L’offensiva delle librerie iniziò a rappresentare un ostacolo, per Amazon Publishing, nella ricerca di nuovi autori. “Per uno scrittore, vedere il proprio libro sugli scaffali delle librerie è praticamente un Santo Graal”, dice Megan Chance, che pur essendo un’autrice di Amazon ha convinto un paio di librerie locali a vendere i suoi libri , dando una lettura di Inamorata al Third Place Books (il dirigente Robert Sindelar dice che il negozio valuta i libri di Amazon caso per caso e che cerca di sostenere gli autori locali. Robert Dugoni, ad esempio è stato lì per una sua lettura, nell’ambito di una serie di eventi locali dedicati a Non ho paura del buio).

MacKenzie Bezos, la moglie del fondatore di Amazon, ha scelto di pubblicare il proprio romanzo con Knopf Doubleday.

In generale, però, la Chance ha dovuto superare l’ossessione delle librerie. Entrarci era diventata una specie di “tortura autoinflitta”, racconta. Con la sfortuna che aveva con l’editoria tradizionale, spesso le copie che trovava sugli scaffali erano poche oppure erano nel posto sbagliato. Altri autori, soprattutto quelli più famosi, abituati a vedere i loro libri esposti nei negozi in gran quantità, si sentivano bloccati in partenza dall’impossibilità di entrare nelle librerie.

Neppure le insolite attenzioni di Amazon nei confronti degli scrittori (a cui venivano spediti fiori e cioccolatini il giorno della pubblicazione e la cui felicità era curata da un addetto alle “relazioni con gli autori”) riuscivano a colmare questo handicap. Nel 2013, perfino MacKenzie, la moglie del fondatore di Amazon, Jeff Bezos, ha preferito pubblicare il suo ultimo romanzo con Knopf Doubleday [Random House].

Il fatto che la maggior parte degli autori non sia entrata nella classifica dei bestseller del New York Times è stato un punto a sfavore di Amazon Publishing. Pur tenendo conto degli ebook, il Times non prende in considerazione i titoli “disponibili presso un singolo venditore”, come dice il disciplinare, presumibilmente perché non si fida dei dati di vendita diffusi da Amazon, a meno che non siano stati sottoposti a una verifica indipendente.

Il cambio di strategia, meno istinto e più dati

A un anno dall’apertura dell’ufficio di New York, Amazon ha deciso che la sua originale strategia non avrebbe funzionato, come spiega l’ex dirigente. Il nuovo ordine: dimenticare i grandi nomi, dimenticarsi delle librerie e tornare a concentrarsi su Kindle, pubblicando ebook e scremando gli autori autopubblicati con Kindle Direct. “Oggi circa la metà dei libri che compriamo e che pubblichiamo viene dall’autopubblicazione”, dice Belle.

Su Kindle funziona particolarmente bene la narrativa di genere. “Molti lettori di genere sono ingordi”, spiega Shatzkin. “Leggono un libro dietro l’altro”, quindi una cosa molto importante per loro è il prezzo. Gli interessano più i libri economici di quelli famosi ed è risaputo che la convenienza è una specialità di Amazon, in particolare nel caso di Kindle, dove molti libri sono in vendita a meno di $5 o addirittura sotto i $2.

A livello interno, le nuove direttive hanno creato un certo subbuglio. “I redattori della East Coast erano abbastanza sconvolti”, ricorda l’ex dirigente. Non solo Amazon aveva chiesto loro di andare in cerca di un diverso tipo di autori, ma era decisa a modificare anche i metodi di valutazione. Fuori l’istinto, dentro le statistiche. Come stavano andando gli autori? E le diverse categorie? Quali tipologie di persone compravano certi libri?

L’ex-dipendente di Amazon Publishing lo descrive come un “approccio marchio-consumatore che ricorda molto quello [del gigante industriale] Procter & Gamble”, oltre ad essere tipico della West Coast (Un momento! La West Coast non dovrebbe essere quella più libera e spensierata? Il potere di Amazon è tale da dare a tutta la costa un’aura diversa).

“Gli equilibri politici erano tesi”, afferma un altro ex-dipendente, descrivendo lo scontro culturale e il cambio di rotta della dirigenza. Il fatturato era alto e a gennaio Kirshbaum se ne andò per entrare in un’agenzia letteraria di New York. Ormai ad Amazon era considerato non più adatto al ruolo che gli era stato assegnato. Quando gli è stato chiesto se fosse soddisfatto del lavoro di Kirshbaum, Belle ha commentato: “Non sono insoddisfatto del suo lavoro”.

“Per me era difficile capire cosa gli passasse per la testa”, dice l’agente newyorchese Jane Dystel, veterana del settore e figlia del leggendario presidente di Bantam Books. Tra le tante persone che arrivarono ad Amazon, molte “non avevano esperienza nell’editoria tradizionale”, dice. L’azienda sposta i dipendenti in modo tale che se uno è stato assunto, ad esempio, per le sue competenze cinematografiche può finire a occuparsi di marketing editoriale, di tostapane o di puzzle per bambini. I clienti della Dystel hanno ottenuto risultati diversi. Per alcuni Amazon è stata un’esperienza “straordinaria”, come nel caso della londinese di adozione Helen Bryan, la cui storia d’amore ambientata durante la II Guerra Mondiale, Spose di guerra, era stata pubblicata prima in Gran Bretagna, dove secondo una stima della Dystel ha venduto circa 7.500 copie. Amazon ha comprato e ripubblicato il libro nel 2012 e, a detta dell’agente, la campagna pubblicitaria è stata “brillante”, con “un sacco di promozione online”.

Le promozioni e la scopribilità

La promozione di Amazon si basa su questo principio: “Ci concentriamo sulle persone con cui possiamo parlare direttamente”.

Oltre ai Countdown Deal, Amazon propone offerte giornaliere e mensili, ma anche “selezioni dell’editore” e classifiche dei bestseller, che includono regolarmente titoli pubblicati da Amazon. Agli utenti che comprano un certo tipo di libri, ad esempio i romanzi rosa, sono suggeriti automaticamente una serie di libri simili, fra cui ci sono sempre quelli di Amazon Publishing. Inoltre, chi ne compra uno riceve un’email ogni volta che esce un libro dello stesso autore.

Come i politici che si sentono traditi dalla stampa e vogliono aggirare i metodi convenzionali per trasmettere il loro messaggio, Amazon sta evitando la promozione tradizionale, basata sui media e sulle librerie. “Ci concentriamo sulle persone con cui possiamo parlare direttamente”, dice Belle.

Amazon continuerà a proporre ai suoi clienti un libro in particolare, optando per una campagna di marketing più prolungata di quelle classiche, in cui spesso un nuovo titolo gode solo di un’intensa pubblicità iniziale. “I miei libri vengono messi in promozione speciale un anno dopo la pubblicazione”, spiega la Chance.

Questa strategia ha funzionato particolarmente bene con Spose di guerra, che a detta di Belle ha venduto più di 500.000 copie. Dopo l’uscita del secondo libro della Bryan, dice la portavoce Katie Finch, le vendite dell’autrice hanno raggiunto il milione di copie.

A questo proposito, Belle cita molti altri scrittori che hanno ottenuto gli stessi risultati con Amazon, come l’autrice di romanzi d’amore Catherine Bybee e l’autrice di romanzi femminili Karen McQuestion. Amazon Publishing, ribadisce, rappresenta per Amazon una garanzia di successo e di profitto, sebbene sia difficile confermare tale asserzione, visto che la società, la cui riservatezza è ormai leggendaria, non è solita diffondere i suoi dati di vendita.

“A nessuno interessa la qualità”, spiega Belle con rammarico. La raccolta di racconti Godforsaken Idaho, di Shawn Vestal, che ha vinto il premio PEN/Robert Bingham per i romanzi di debutto, è stata scartata da Little A, marchio con sede nell’ufficio newyorchese di Amazon.

Tuttavia, la Dystel ha seguito anche autori che sono stati molto meno fortunati e con cui le strategie di marketing della società hanno fatto un buco nell’acqua. Nella fretta di pubblicare tanti libri uno dietro l’altro, infatti, può essere che Amazon “non abbia capito il mercato”, dice, “O forse è il mercato a non essere ben definito”. In questi casi Amazon ha deciso di far scegliere ai dati, passando al libro successivo.

“Tutte le case editrici lo fanno”, riconosce la Dystel, “Ma di solito non sono così aggressive nel cercare gli autori, pubblicizzarli e sputarli fuori”.

Nel frattempo, gli anticipi a cinque zeri sono diventati acqua passata. “Adesso si aggirano fra i $10,000 e i $20,000”, dice la Dystel. In realtà è già tanto, visto che Amazon da per scontato che molti autori inizino la loro carriera senza alcun anticipo.

Lisa Brunette ha scoperto Kindle Direct Publishing a una conferenza della Pacific Northwest Writers Association, l’anno scorso. “Le presentazioni andarono avanti per un giorno intero”, ricorda. “La stanza era gremita. Erano tutti molto elettrizzati”.

Sentì parlare del 70% di royalty offerto dall’autopubblicazione e del successo di alcune star di KDP come Hugh Howey, che aveva poi venduto la sua serie di fantascienza, la Trilogia del Silo, a Simon & Schuster.

La Brunette, che lavorava da anni a un romanzo giallo, era combattuta. Per lei l’autopubblicazione era un’allettante “pratica fai-da-te di Seattle”, città in cui la quarantatreenne vive da tempo e dove è approdata all’industria dei videogiochi dopo aver lavorato come giornalista freelance e redattrice del sito di notizie Crosscut. Attualmente scrive storie per Big Fish, i cui giochi al femminile hanno una predilezione per il mistero.

Nonostante la sua ampia esperienza da scrittrice, per lei non è stato facile trovare un editore. Ha mandato il suo manoscritto in giro, ma dopo un accenno di interessamento iniziale non ha ricevuto alcuna risposta. Eppure la strada di Amazon le sembrava “estremamente rischiosa”. Come l’avrebbe percepita la comunità letteraria? La sua reputazione avrebbe risentito dell’affiancamento a un nome così poco gradito? “Detesterei sapere che tutti parlano male di me”, confessa. In un certo senso avrebbero formato una strana coppia, visto che lei dice di amare le piccole librerie e teme le ripercussioni che Amazon potrebbe avere su di esse.

La Brunette ha affrontato anche un’altra sfida, sul piano di quella che lei definisce “scopribilità”. Sapeva di non poter arrivare alle librerie, perciò avrebbe dovuto trovare altri modi per far conoscere al mondo il suo libro, Cat in the Flock, una missione oggi molto più difficile rispetto a cinque o sei anni fa.

Lisa Brunette per il suo Cat in the Flock ha investito molto nella scopribilità. Ma il successo non è garantito. Ma, come diceva Steve Jobs è la perseveranza che distingue una iniziativa di successo da un fallimento.

Affollamento, concorrenza e la questione della qualità

Il problema, dice Aaron Shepard parlando del suo post “La festa è finita”, è la concorrenza: ce n’è tantissima, vista la facilità con cui si può caricare un libro su Kindle. Perfino i lavori di nicchia apparentemente più specializzati (ad esempio il libro della moglie di Shepard, Anne Watson, su come fare il sapone), entrano in competizione con decine di titoli Kindle. Allo stesso tempo, spiega Shepard, Amazon ha abituato i lettori a pagare poco o niente.

Bisogna vendere un sacco di copie per compensare quei guadagni pidocchiosi, il che ovviamente è un invito a produrre sempre più roba di inferiore qualità. È un circolo vizioso… Quello che gli autori generalmente non capiscono è che lo scopo principale di questa macchina non è di alimentare principalmente loro, bensì Amazon.

Come spiega:

I libri hanno sempre rappresentato un fattore di perdita per Amazon, un modo di attirare clienti per poi dirottarli su articoli più redditizi. Perciò si addice molto ad Amazon il fatto di avere un esercito di autori autopubblicati, la maggior parte dei quali guadagna pochi centesimi all’ora continuando a rifornire Amazon di porcherie scadenti per far sì che la gente continui a tornare sul sito.

Quanto al crollo della qualità, la Dystel concorda in pieno. Come molti altri esponenti dell’editoria tradizionale, tiene d’occhio i bestseller di KDP sperando di scovare nuovi talenti, inoltre aiuta alcuni autori ad autopubblicarsi, a volte cercando di ripescarli dai cataloghi delle case editrici.

Eppure dice che gira “sempre più spazzatura”, che però, in quanto spazzatura a poco prezzo, attira un sacco di gente. Il problema è che a un certo punto i lettori si accorgono che i 99 centesimi che hanno speso sono anche troppi e smettono di comprare i libri autopubblicati. Tutta questa robaccia, sostiene la Dystel, sta “rovinando il mercato”.

Ciò nonostante la Brunette ha deciso di fare un tentativo e quando la incontriamo nel suo appartamento di Ballard, ad agosto, è piuttosto ottimista. Con l’aiuto di Anthony Valterra, all’epoca fidanzato e oggi marito della scrittrice, aveva caricato Cat in the Flock su Kindle il mese precedente. C’era voluto un po’ di tempo, avevano dovuto riformattare il libro, progettare la copertina e stabilire un prezzo. Alla fine decisero di metterlo a $2,99, che per lei era una cifra “psicologicamente difficile”, ma in linea con i prezzi generalmente bassi di Kindle.

Una volta preparato il tutto, però, quello che restava da fare era andare sul sito di KDP e premere un pulsante. Comicamente, Amazon inserì il libro nella categoria “animali misteriosi”, a causa della parola “gatto” presente nel titolo, che non si riferisce a un peloso quadrupede, bensì alla protagonista, una donna che va di nascosto in una megachurch per trovare una madre e una figlia in fuga. “Hunger Games avrebbe rischiato di finire nella sezione ‘disturbi alimentari adolescenziali’”, scherza Valterra, ex manager di Wizards of the Coast, oggi professore del North Seattle College.

Contattarono il servizio clienti di Amazon per cambiare la categoria del libro e gli fu assicurato che sarebbe stata modificata entro due giorni, “Che in effetti è notevole”, commenta Valterra (in realtà ci vollero tre settimane, spiega poi la Brunette).

“Per noi è come un’attività commerciale”, ha detto l’autrice, aggiungendo che prevede di costruirla nel tempo. Se il suo romanzo avesse una certa risonanza e lei pubblicasse altri libri (lo scopo di Cat in the Flock, infatti, sarebbe di dare inizio a una serie) potrebbe avviare una nuova carriera da scrittrice. Per sottolineare la loro professionalità, i coniugi hanno fondato una società a responsabilità limitata, hanno stampato volantini pubblicitari e pagato $800 per creare un trailer che hanno condiviso su YouTube.

Quando ci siamo rivisti, in ottobre, la Brunette aveva “grandi notizie”. Aveva ottenuto una recensione positiva di Kirkus Reviews, l’autorevole rivista e sito di critica letteraria la cui benedizione è considerata fondamentale da molti editori e autori: “Un giallo con un colpo di scena insolito e ambientazioni particolari, una gradevole sorpresa per gli amanti di ogni genere letterario”. Però ha dovuto pagare per averla, infatti il team di Kirkus dedicato agli autori indipendenti recensisce i lavori autopubblicati per $425 ($575 per il servizio espresso), senza garanzia di una critica favorevole. “Per me ne vale la pena”, dice la Brunette, “È un accreditamento importante”. Infatti sta progettando di utilizzare la recensione per gli spot da inserire nella rivista e sul sito di Kirkus.

Tuttavia, nel complesso, le sue strategie di marketing sono alquanto diversificate. Lei e Volterra hanno pensato di dare un party per festeggiare l’uscita della versione cartacea del libro, pubblicata col programma di Amazon “Create Space”. Inoltre hanno progettato una campagna di social media che include la pubblicità via email. Attualmente stanno meditando di partire “dal basso”, ad esempio tenendo una lettura al Jubilee Women’s Center, un rifugio di Seattle per le donne indigenti e senza fissa dimora, a cui l’autrice ha devoluto una parte degli incassi dei suoi libri.

“Siamo abbastanza esausti a questo punto”, spiega la Brunette. “Abbiamo lavorato tutti i fine-settimana, ogni sera”. Non possono certo fermarsi adesso, non se vogliono che Cat in the Flock si distingua dalla massa dei libri autopubblicati. A tre mesi dal debutto l’autrice dichiara di aver venduto 60 copie del suo libro, che si traducono, tenendo conto del 70% di royalty, in meno di $150.

La Brunette ripone le speranze nelle reazioni positive dei lettori: “Sto cominciando ad avere dei fan e ho già fretta di finire il prossimo libro”, spiega entusiasta. Sul piano finanziario, però, i ricavi sono ben lontani.

… ma verranno.

A una condizione, la perseveranza. La perseveranza, come diceva Steve Jobs, è quella che distingue una iniziativa di successo da un fallimento. Poi soleva aggiungere, rivolto ai suoi collaboratori scettici sul compito da costruire un telefono (l’iPhone) senza sapere nulla di telefonia: “Si può fare e adesso mettiamoci al lavoro!”. Il lavoro, appunto.

--

--

Mario Mancini

Laureatosi in storia a Firenze nel 1977, è entrato nell’editoria dopo essersi imbattuto in un computer Mac nel 1984. Pensò: Apple cambierà tutto. Così è stato.