7.2 Ibernare Andy

Timothy Leary. Caos e Cibercultura — 7. De-animazione/Ri-animazione

Mario Mancini
13 min readMay 6, 2020

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Quanto segue è estratto da un romanzo di prossima pubblicazione sulla decadenza ad alta tecnologia nei mondi cinematografico, informatico e arte-moda letterario, in rapporto con le frontiere della scienza pop.
Il narratore, Dani Mellon du Pont, è attualmente direttore della promozione per la Alcor Foundation, Riverside, California, per popolarizzare l’opzione di rianimazione basata sull’ibernazione crionica.

Organizziamoci. Mi trovo sul volo American Airlines 103 da New York a Miami, Florida, con il mio computer flop top che continua a fare flip-flop-lap-top e scrivo alla Alcor Foundation per riferire sulla sospensione crionica (ibernazione) dell’anima e del corpo di Andy Warhol.

Andy Warhol e il suo desidero segreto di ricongiungersi con il suo idolo Walt Disney

Andy ha cominciato a interessarsi di immortalità crionica (per usare una sua curiosa espressione) dopo aver appreso che l’anima (cervello) e il corpo di Walt Disney sono iberneticamente congelati e conservati fino al momento in cui la nanotecnologia di Eric Drexler (atom stacking dell’ M.I.T.) avrà compreso i passi logici necessari alla di lui (cioè di Walt Disney) rianimazione e restauro.

Andy condivideva l’opinione quasi universale secondo la quale Disney era uno dei membri più importanti del XX Secolo. Egli, vedete, creava entità schermo-iconiche di un’attrazione tanto global-mitica da essere immediatamente riconosciute e amate da quasi ogni quark su questo pianeta. Andy mi ha detto tante volte che fu Walt Disney a creare la cultura pop. Con la parola pop Andy intende la popolarizzazione, l’umanizzazione delle idee.

Andy conosceva bene la mia missione presso Alcor, di personalizzare, popolarizzare, umanizzare, Disneyizzare l’opzione di rianimazione basata sull’ibernazione crionica.

Non irragionevolmente Andy condivideva con noialtri una repulsione per l’idea che il suo corpo e la sua anima venissero mangiati da vermi o bruciati in un forno. Per questo e per altri motivi aveva discusso con me le procedure necessarie e timidamente mi aveva strappato la promessa di organizzare la sua «ibernazione rianimazione» nello stesso momento in cui il suo corpo si trovasse al bivio, cioè nel momento in cui si trovasse di fronte allo sfratto dalla sua attuale abitazione carnosa. Che — affrontiamo la realtà — era di un albino mittel-europeo slavato a bassa energia e fuori moda.

Io intraprendo con piacere questa missione perché vedo, nel timore funerario presente nella cultura americana, un incubo di follia intorno a cimiteri, pompe funebri, necrologie e polizze-vita (che quando ci pensi sono in realtà polizze-morte).

Posso dirlo senza reticenze, in parole semplici? Non volevo che i vermi mangiassero Andy Warhol.

E lui neppure.

Nulla osta legale per liberare anima (cervello) e corpo di Andy Warhol

La prima domanda che verrà in mente a chiunque è: Andy ha scelto il congelamento neurologico (testa-anima)? Oppure l’ibernazione crionica dell’intero corpo?

All’inizio era indeciso. Andy naturalmente poteva permettersi i $100.000 del corpo intero, ma sembrava interessargli maggiormente la soluzione neurologica ($35,000). Ad Andy piaceva l’idea che, quando si sarebbero azzerate le sue funzioni carnose, fosse possibile conservare il suo cervello (anima) in attesa dello sballoso momento in cui una giovane e attraente persona di uno qualsiasi dei due sessi, o di entrambi, come risultato di un incidente auto del dopo-discoteca o di una sparatoria tra spacciatori di crack si trovasse comatosa in cura intensiva, neo-morta cerebrale in attesa del trapianto di un cervello super-attraente.

In tre occasioni diverse promisi ad Andy che avrei fatto tutto il necessario per impedire che venisse sepolto dal MOMA o dalla non meno insidiosa trancia della Cattedrale di S. Patrizio oppure consegnato alla squadra V&F (vermi e forno) — cioè distrutto dagli sterminatori legalmente autorizzati del DNA. In cambio di questa promessa Andy mi diede la sua delega per l’eternità e io la trasmisi tramite American Express.

In queste tre occasioni, Andy mi implorò, «Ti prego di non lasciare che esibiscano al pubblico la mia salma, né al MOMA (Museum of Modera Art) né in S. Patrizio.» I documenti firmati da Andy per autorizzare la sua ibernazione-rianimazione sono stati debitamente legalizzati. Per sua volontà i progetti di Andy resteranno segreti.

Ci furono diversi testimoni: Ultra Violet, che ancora desidera fare rock ’n’ roll come ai bei tempi malgrado il fatto che si sia iscritta ai Mormoni o alla Scienza cristiana. Ho dei testimoni! Evviva, due. Furono queste due splendide donne pioniere che Andy aveva reclutato per la sua strana carovana. E con Edie Sedgwick, tre.

Andy, tra parentesi, registrò queste conversazioni e scatto delle Polaroid di tutti i presenti.

Conturbante telefonata con Grace Jones

Alle ore 06:00 Pacific Standard Time, del Giorno H (Hybernation Day) meno 1, venni informato che l’apparato carnoso di Andy era in rapido deterioramento che l’arresto cardiaco lo attendeva al massimo entro due giorni. Prenotai il volo di mezzogiorno per New York. Operavo sotto copertura: la missione ufficiale era di fare da modello in uno spot per Helmut Newton. Ma in realtà:

1. dovevo partecipare al trasferimento della salma di Andy dall’ospedale al nostro laboratorio mortuario nella West 91st Street;
2. dovevo assistere al congelamento crionico di Andy;
3. dovevo spedire il paziente crionico (Andy) al deposito in California;
4. dovevo presenziare al funerale di Andy Warhol in S. Patrizio e alle successive festività di distruzione del corpo per vedere se qualcuno fosse al corrente del fatto che il corpo di Andy era stato liberato dai neuro- terroristi cristiani che erano così entusiasti dell’idea di consegnare tutte le banche organiche di informazioni tissutali di Andy agli affamati vermi.

Il mio volo subì un ritardo e quindi telefonai dall’aeroporto a Grace Jones per informarla che sarei arrivato in ritardo.

Grace non partecipava all’operazione gelo, anche se aveva avuto un ruolo di protagonista in alcuni degli ultimi trionfi pubblici di Andy. Andy l’aveva sposata simbolicamente in pubblico poco prima dell’ibernazione. La sua ultimissima performance in video ebbe luogo nel contesto della produzione MTV di Grace, I’m Not Perfect, But I’m Perfeci for You. Andy, che era cabalista e (a dir poco) numerologo, sapeva già allora che le sue notti erano contate.

Vi suggerisco di guardare questo video e di osservare lo stato di coma di Andy, Come celava bene la sua malattia del 1968!

L’impressione cronica di Andy era contagiosa. Mi mordicchiava il cervello come tanti vermi.

Mi diventa difficile scrivere e debbo fare attenzione che le mie immagini non diventino troppo distanziate. Il mio scrivere non è nulla se non è la cronistoria della mia malattia. Tutto il personale della rivista Interview corre il pericolo di soffrire della stessa impressione cronica. Il ruolo del MOMA, o Museum of Modern Art, da questo punto di vista, è tutt’altro che esemplare. Non esternarono alcun forte entusiasmo per Andy nel corso del suo lunghissimo periodo da moribondo (1968–1987). Poi invece gli corrono dietro, con brio non appena arrivino a credere (erroneamente) che sia morto. I pasticcini sono ancora sulla tavola della veglia funebre quando MOMA annuncia la gloria di una retrospettiva in grande scala!

Ebbene non ridono per ultimi loro, che stanno facendo il marketing di Andy come se fosse Gesù Cristo e Paperino messi insieme, senza neppure sapere che Andy non è morto ma dorme. Accanto a… indovina chi?

Come ho fatto un conto telefonico da $3.500 in aereo

Io cazzo a questo punto nel tempo all’altezza di 11.000 metri, ero in stato di collasso nervoso, soffrivo fatica mentale con il mio laptop Toshiba, collegandomi a certi settori contro-culturali del ciberspazio, dei quali esiste un numero letteralmente infinito.

Non telefonavo al mio allibratore, pappone, impresario di pompe funebri, agente di borsa o altro. Non ordinavo delle squillo o delle pizze espresso.

Trascorsi una piacevolissima ora di digitalizzazione intervidio con il Chaos Hacker group in Germania, gente ben nota all’Interpol e al KGB. Abbiamo sviluppato certe ilari storie romantiche internazionali ed intersessuali. Dico io, potete imparare un sacco sulla natura umana quarkando in giro a Ciberia! I rapporti digitali sono il modo migliore per prepararvi alla succosa sudorosa caldolampo transazione della «dura realtà».

E infine il mio atterraggio alla Metropoli dell’Est! Felice, sono? Per niente. Io sono quello che ha un adesivo sul paraurti:

Lo scambio dei corpi e rapido raffreddamento di quello di Andy

Neanche un’ora più tardi, Couri Hay della Squadra B bussa alla porta della mia camera d’albergo e bisbiglia la parola d’ordine.

Con la limousine di Couri ci rechiamo all’ospedale. La nostra-gente-infermiere, medico di turno, paramedici, guardie giurate hanno il controllo totale della corsia. Io attendo nell’atrio con l’équipe addetta alla perfusione. E con la salma di ricambio, che noi fan di Andy ricordiamo fin dallo scherzo di Salt Lake City.

Alle ore 03:45 Eastern Standard Time ci fu notificato che Andy aveva il respiro finale dell’agonia, e alle 03:59 il nostro uomo, Dr. Mellon Hitchcock, dichiarò Andy legalmente morto.

Fu compiuto rapidamente lo scambio delle salme. Demmo immediatamente inizio al supporto cardiopolmonare usando un risuscitatore cardiopolmonare e un tubo gastrico-esofageo per proteggere le vie aeree contro le secrezioni gastriche e per ventilarlo. Riprese rapidamente il colorito e presentò un’ottima espansione toracica. Aveva tutto sommato un aspetto migliore di quello che aveva avuto a partire dal 1968, anno in cui gli aveva sparato Kynaston McShine, uno dei parassiti del suo studio a MOMA.

Andy a questo punto venne ricoperto di ghiaccio e portato sul carrello fino all’ascensore di servizio. Arrivammo al nostro laboratorio mortuario di West 91st Street alle 04:30 circa e la somministrazione delle medicazioni di trasporto ebbe inizio alle 04:40.

Già alle 05:25 Andy era in posizione sul sistema mobile di supporto avanzato alla vita ed era in atto l’intervento chirurgico per sollevarne l’arteria femorale. Oltre al colorito cutaneo che perdurava ottimamente, il sangue arterioso di Andy era di un brillante rosso pomodoro (segno di una buona ossigenazione)

Penso di sapere come Andy si sentiva in quel momento. Andy aveva spesso avuto le sensazioni dell’artista folle di fantascienza: alienazione, realtà distorta, disperazione. Ed eccolo che giace lì sul tavolo ibernatorio e non rassomiglia più all’ultimo dei dandy. Roseo di fresco sangue non è più l’Artista Come Nessuno, ma lo Stereotipo Romantico dell’Artista — color rosa, coinvolto, alle prese con il Fato e con la trascendenza.

Quando iniziò il bypass si era già raffreddato a 29,3°C e nei successivi 45 minuti raggiunse una temperatura rettale di 9°C. Pensateci un po’!

La regina del ghiaccio che attende il bacio rianimatorio

Dopo essere stato supervisore di questa delicata faccenda mi trovo comprensibilmente in uno stato di completa descubizzazione. Entro quindi in un bar della Eighth Avenue bar, pieno di suggestioni sessuali. In tutta la mia testa giravano riso e pianto e la mia vita girava verso il basso. Al mio ritorno il risciacquo del sangue e la perfusione crioprottettiva erano a buon punto. Alle 08:45 diedi la mia approvazione alla decisione di porre termine alla perfusione. Era giusto, questo, nei confronti di Warhol? No, se siete tra quelli che pensano che egli abbia avuto circa cinque anni notevoli (1962–67) seguiti da una lunga discesa nella banalità della raccolta di lucro con le sue serigrafie di cani, celebri Ebrei del XX Secolo e di Mercedes Benz. Sì, invece, se ritenete che Andy sia stato il più importante artista americano dopo Jackson Pollack. In ogni caso, dopo la chiusura delle incisione nel cuoio capelluto e nel torace, Andy venne collocato dentro due pesanti sacelli di plastica e sommerso in un bagno di olio al silicone (Silcool) che era stato preventivamente raffreddato a-17°C.

La forza vitale di Warhol, per quanto irregolare, giaceva ora in una finzione emotiva che contraddiceva la superficie fredda, fissa, iconica e scendeva al ritmo di circa 1°C all’ora verso la temperatura di -17°C con raggiunta graduale di ghiaccio alla calma artificiale (fasulla?). Avevo una sensazione di jamais vue per la quale difficilmente si poteva attribuire la colpa al curatore del MOMA che aveva scelto queste icone. Si utilizzò una pompa ad alta capacità per far circolare l’olio attraverso un sistema a spruzzo collocato sopra il paziente; tecnica questa destinata a eliminare totalmente i «punti caldi» e i «punti freddi» che hanno costituito la pestilenza delle carriere di altri artisti.

Alle ore 19:42 Eastern Standard Time, il contenitore era completamente pieno di azoto e Andy Warhol era entrato nell’ibernazione a lungo periodo! Insieme a lui venivano messe a riposo truci immagini di premonizione e di morte, come i teschi che ossessionavano gli ultimi anni della sua prima breve vita.

Quella notte, al Gramercy Park Hotel, invidiai la fredda tranquillità di Andy mentre la calda febbrile mano del sonno mi traeva giù in quelle oscure terre.

Celebrazione pubblica della distruzione di Andy

NEW YORK, 1 APRILE 1987. Fifth Avenue, davanti alla cattedrale di S. Patrizio brulicavano spettatori, fotografi e gli ultimi sopravvissuti della razza umana che vivono in gigantesche bolle di distorsione temporale, dalle quali escono soltanto per presenziare a funerali, cremazioni e disastri aerei. Stavano in fila dietro il cordone di polizia parlando fra loro e sorridendo agli occhi spalancati delle macchine fotografiche presenti per celebrare la distruzione dei preziosi tessuti di Andy. O così speravano!

Gli ampi portali della cattedrale aprirono questo varco temporale verso il Medio Evo, con alte arcate gotiche studiate per rimpicciolire l’anima di noialtri quark individuali. Dentro, questo organista che suona non il punk rock dell’East Side, non i Velvet Underground, ma quel cazzo di Bach!

La gente sfila con espressioni infelici sul volto. Uomini giovani con i capelli tinti nei colori dell’arcobaleno che appaiono a disagio con giacca e cravatta. E tutto ciò per una barbara cerimonia di distruzione dei tessuti. Non posso più tacere quando la gente che amo finisce in fosse verminose e nei barbecue del crematorio.

Onore al vermi

Iniziano in modo prevedibile i rituali della magia cattolica ortodossa. Il temibile Segno della Croce! Malauguratamente si inginocchiano in segno di sottomissione. Intanto gli alieni clericali osservano tranquillamente gli umani; che non sorridono, sono vestiti di nero(!), amici e parenti seduti in pacifica contorta apatica conformità. Non lasciatevi ingannare da loro, questi cattolico- ebraico-islamaniaci seduti meditabondi silenziosi in oscurati edifici di pietra. Dietro i loro congelati visi pensano ai loro amati nella tomba. Non fatevi ingannare da questa fasulla pietà biblitalmudicoranica. I loro sacri testi sono i cataloghi delle ditte di adorazione della morte, le loro menti pensano intensamente ai vermi che mangiano la carne e i cervelli (anime) dei presunti cari estinti. O le crudeli fiamme del forno con la lancetta girata su ARROSTO che fanno ciccioli della pelle dei Dipartiti. Pensate sul serio che possano reprimere, semplicemente ignorare i fatti culinari? Non sentire lo slurpete dei vermi che si riproducono allegramente nei tessuti dei Sinceri Dipartiti? I più onesti tra questi individui in lutto probabilmente meditano sulla propria sorte e sul fuoco o sui vermi che li attendono.

L’orrendo complotto dei papisti si frantuma in orrore gotico! Per dirlo in modo caritatevole il funerale di Andy nella Cattedrale di S. Patrizio non è uno spot degli immortalisti. Questo strano rituale dimostra che Noi non possiamo sfuggire le Loro spire mortali. Chiaro è il messaggio semiotico. Tutto in questo castello medievale di pietra avverte che è follia per l’individuo cercare l’immortalità se non attraverso la fede in una delle tre Mafie monoteiste mediterranee.

Andy avrebbe consentito ai preti alieni di spedirlo, anima e ossa ,alla fattoria dei vermi?

Il nostro piccolo trovatello esteuropeo dai capelli argentati solenne socialmente insicuro da Pittsburgh ha capito quanto basta. Andy ha capito la fredda meccanica impersonalità della cultura industriale. Non è arrivato nella Grande Mela da Pittsburgh Pennsylvania chiamandosi Papa del Pop? Non ha chiamato Fabbrica, Factory, il proprio studio? Non ha mandato in giro un ragionevole facsimile di sé, in parrucca d’argento a fare Conferenze Warhol nei college? Non si è iscritto al concorso delle Zuppe Campbell? Non ha dipinto ragionevoli facsimili di etichette di barattoli di zuppa e di Marilyn Monroe in modo da vincere giganteschi premi in contanti? E l’ammissione a scuole d’arte per corrispondenza? Pensavate che questa furba volpe avrebbe consentito loro di impacchettarlo, cervello e ossa in una scatola di cartone per facilitare la consegna alla fattoria dei vermi? Ma è concepibile pensare che Andy Warhol avrebbe acconsentito a questo pubblico spegnimento della propria essenza a opera dei tirapiedi, vestiti di nero, del Cardinale? Il quale, ora che ci penso, non aveva mai avuto la tendenza a frequentare la Fabbrica e nemmeno la redazione della rivista Inteiview.

Andy vi invita alla sua festa di compleanno

Vengo a sapere che i membri della Alcor Cryonics Foundation e i pensanti dei quattro mondi che hanno saputo delle ibernazioni di Walt Disney e di Andy Warhol stanno celebrando e brindando alla valorosa équipe che ha strappato Andy, letteralmente, dalle fauci dei vermi.

Vengo a sapere anche che alcuni appartenenti alla Alcor Foundation, essendo di estrazione sincerissima, sobria, scientifica, si preoccupano che una persona della mia colorita fama possa intaccare la rispettabilità e la credibilità della stessa Alcor. In particolare dal momento che la dis-rispettabilità e l’incredibilità sono i traguardi predestinali proclamati della mia carriera. Mi preoccupo, anch’io, dal momento che l’importante lavoro di Alcor costituisce la minaccia definitiva contro il controllo politico e religioso — l’ultima cosa che si vorrebbe è che il tutto assuma il negativo bagaglio pubblico di una vittima snob della mentalità del National Enquirer.

Poi mi ricordo come essere membro di Alcor significa essere parte di una nobile banda di eroi in procinto di salvare l’umanità dagli orrori del coma metabolico involontario irreversibile. Epperciò i membri di Alcor sono tolleranti verso la mia eccentricità ben sapendo che in questa aliena cultura adoratrice della morte è difficile ripetere questi ruoli da «Oscar Wilde».

Andy insisteva molto che, al momento glorioso della rianimazione, con gli amici raccolti intorno al suo cristallo ibernatorio, foste presenti anche voi. Sotto ghiaccio oppure vegeti. Scrivete alla Alcor Foundation se avrete problemi nel farvi trasportare fino alla festa.

Il Negro dai capelli grigi ha avvertito Andy, come anche me e Bill Burroughs: stai lontano da galere e ospedali, figliolo, evita preti ministri rabbini, hanno soltanto la chiave del cesso. E promettimi, amico, di evitare il distintivo dello sceriffo. E se proprio finisci carcerato nelle fabbriche corporali dell’uomo bianco, unisciti a una banda di amici che ti faccia da copertura. E se proprio devi essere ammesso alla camera d’uscita (loro strategia di marketing è l’obsolescenza programmata) stai attento ad avere amici che ti sorveglino giorno e notte casomai qualcuno scappasse con la tua amata pelle d’albino.

E con il relativo contenuto.

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Mario Mancini
Mario Mancini

Written by Mario Mancini

Laureatosi in storia a Firenze nel 1977, è entrato nell’editoria dopo essersi imbattuto in un computer Mac nel 1984. Pensò: Apple cambierà tutto. Così è stato.

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