6.5 William Gibson: Quark del decennio

Timothy Leary. Caos e Cibercultura — 6. Arte guerrigliera

Mario Mancini
9 min readApr 25, 2020

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A partire del 1984 William Gibson ha fatto splash sui nostri schermi con quattro scintillanti e sexy cibertesti da Secolo XXI.

Il primo romanzo di Gibson, Neuromante, fece man bassa dei premi di fantascienza e definì il gioco ciberspaziale.

Immaginò la cicologia digitale e diede nome, ruoli, rituali ed etichette geografiche a quei grandi, grossi, paurosi, astratti algoritmi che vanno cambiando le nostre realtà virtuali. Il nome era «cyberpunk», il ruolo quark, il nuovo terreno digitale, «la Matrice» ovverosia il ciberspazio, ovverosia Cyberia.

Gibson scrive come un musicista ciber reggae; traduce equazioni implausibili, impersonali, impopolari, indecifrabili in semplici termini umani. Trasforma la fisica quantistica nel parco giochi elettrico!

Filosofia dello spettacolo

La letteratura e l’arte di ogni cultura recitano (rendono popolari) la scienza e la filosofia dell’epoca in questione. Per fare un solo esempio: la scienza del feudalesimo è la teologia. Perciò l’arte, la letteratura, l’architettura e la musica della gente integralista come Cat Stevens celebra i miti religiosi e il lussuoso stile di vita della nobiltà, nonché i severi simboli di spada e daga nelle mani degli autonominati agenti speciali di Dio.

Spettacolo della scientologia industriale

Secondo esempio: la scienza dell’era industriale comporta legge e ordine newtoniani, e le non meno macho e dogmatiche ingiunzioni della competizione genetica (selezione innaturale) nate dalle allucinazioni dì Darwin. L’arte/letteratura/musica di questa cultura da fabbrica viene istituzionalizzata, socializzata, formalizzata. Come la scienza contemporanea è ossessionata dalla grandezza, dalla quantità, dalla replicabilità.

Ho il piacere di presentarvi i personaggi del dramma: direttori d’orchestra, proprietari di gallerie d’arte, ufficiali e membri dell’Unione scrittori che tipicamente si appropriano di una classe, regione o genere culturale, per colonizzarlo e sfruttarlo. Il racconto del mistero, il romanzo, la biografia, il romanzo storico, il romanzo meridionalista, la poesia, il romanzo ebraico, la fantascienza.

Linee di montaggio della fabbrica letteraria. Il lucrosissimo Libro-del-Mese attualmente di proprietà della TimeLife, Inc., gli elenchi di best seller, le grandi catene di librerie. Il Premio Pulizer!

Il Premio Nobel-Newton, Darwin e gli ingegneri scientologi del Secolo XIX cercavano di imporre legge e ordine in un universo caotico. Così anche il mondo degli autori.

Spettacolo della psicologia

Ed ecco a voi l’era elettronica postindustriale. Linguistica quantistica. Einstein, Heisenberg, Planck, Bohr, Fredkin ci hanno mandato un fax con la paurosa notizia. Chi fra noi poteva affrontarla? Sembra che l’universo, dalla galassia all’atomo, sia composto da pezzetti e da unità altamente miniaturizzate di dati. A questi singolarissimi cittadini della galassia si dà il nome di quark.

Questa matrice di informazioni vecchia quindici miliardi di anni è letteralmente uno spettacolo di telecomunicazioni elettroniche. L’universo è un gruppo di programmi digitali che girano, girano, girano. Non ci sono «leggi». E neppure «ordini». La programmazione dell’evoluzione è affidata ad algoritmi che utilizzano la geometria adiacente della ricorsione di automi cellulari. L’universo si evolve in ogni secondo, con o senza voi o me.

Ecco che arrivano i quark!

Ecco che se ne va il vicinato di von Neumann!

E peggiora! Le realtà sono determinate da chiunque le determini. Gli elementi dell’universo sono digitali, elettronici, linguistici. Materia ed energia altro non sono che costruzioni hardware transitorie. (Platone e il Buddha, si scopre, erano tra i primi cyberpunk.)

Il cervello umano è con questo, e da questo punto in avanti, posseduto e gestito da un individuo. È fornito di cento miliardi di centri microinformatici chiamati neuroni ed è una rappresentazione digitale miniaturizzata della Galassia, la quale è a sua volta fornita di cento miliardi di centri mini-informatici chiamati stelle. L’universo — naturalmente — è invece attrezzato con cento miliardi di centri mega-informatici chiamati galassie.

Non lasciamoci confondere dalle cazzate tecno-meccaniche di ingegneria newtoniana di hardware. Nelle Ere feudale e industriale la grandezza era tutto. Più grande era meglio. Tutta la faccenda di Darwin aveva a che fare con i grandi numeri. La genetica virale. Diffondete quegli spermatozoi. Mr. Macho! Maschio! Infetta tutte le tonte nelle quali riesci a infilare il tuo penetrante pungiglione. Replicali. È la quantità che conta.

Buone nuove, signore e signorine! Nell’info-mondo, più piccolo è più bello, Più piccolo è più. Perché significa singolarità, selettività.

La miniaturizzazione-compattazione significa «potere all’individuo». Quel momentum di massa-materia-energia, rumoroso, inquinante, prodotto in fabbrica, che tanto fa godere il partito dell’ordine maschile? Funziona su hardware statico costruito da leggi robotiche newtoniane che governano la gravità (!), la materia che avanza scricchiolante al passo di lumaca rappresentato da c, la velocità della luce. La materia è formata da rocce congelate fatte di informazioni. La materia è il pensare dei comitati, Cominciate a disciogliere la materia e libererete l’intelligenza individuale. La «intelligenza individuale» è un concetto ridondante, «intelligenza artificiale» è una contraddizione paradossale. Queste cose le sapevano gli alchimisti. Solve et coagulare. Scaldala, scioglila; così liberi le unità dell’intelligenza, i quark, che sono programmati per collegarsi con altri datapak individuali. Questo procedimento si chiama «collegarsi».

Le costellazioni nuvolose di informazioni digitali sono ciò che conta nell’infoeconomia della natura. Un quark è un’informazione quasi pura, che ha una sola funzione hardware «acceso» oppure «spento». Un quark ha probabilmente tanto ciber-potere quanto un atomo. Non lasciatevi impressionare dal gigantesco atomo che va in giro roteando vorticosamente con il suo pesante nucleo e con miriadi di elettroni planetari per non parlare di rifiuti spaziali. L’atomo medio è il veicolo navigato e programmato dai quark. Questo non significa che l’atomo sia da disprezzare; è un info-centro che dispone di tanto ciber-potere quanto un neurone, che a sua volta ha tanto ciberpotere quanto una galassia.

E = mc2 è uno schema, una cianografia di ingegneria. L’equazione fondamentale è I = mc2 in cui la I sta per informazioni. Dal punto di vista grammaticale il quark va considerato come prima persona singolare. Un solo neurone ha più potere informatico di un sole. Nel tuo cervello sono schiacciate più informazioni che in tutte le stelle della galassia. Una schiacciata di informazioni digitali non più grande di un mattone è più potente del Monte Everest.

Ecco una versione pop di questo principio: un invisibile pacchetto di DNA contiene abbastanza informazioni per fare crescere un’intera foresta pluviale amazzonica!

Questa realtà quantistica è roba insopportabilmente leggera per una cultura fatta di contadini e ingegneri timorati di Dio. Questa semplice matematica minimalista del disordine apparente non sembra offrire tregua agli impreparati. Nessuna!

E che cazzo ce ne freghiamo? Quale singolarità che si rispetti, quark o neutrone che sia, vuole una tregua in ogni caso? E se è per questo chi sono questi giudici feudali autonominati e questi manager industriali, che vogliono che un umano portatore di cervello sia già alla nascita colpevole di peccati/crimini indescrivibili in modo che essi possano arrogare a sé il potere del perdono? Concedere il perdono a un quark? A un cervello? A una galassia? A un filo di DNA?

E siamo bloccati incanalati con questi carini algoritmi di Sartrean, Foucault, Fredkin, che continuano a sfornare segnali radiotelevisivi da quindici miliardi di anni e che hanno il contatore ancora in funzione. Le realtà comprendono Corano, Bibbia e Talmud, per non parlare di piume di pavone, passiflora, resine afrodisiache di certi vegetali estetici, nastri di Jimi Hendrix, interpersonal computer, e il sorriso enigmatico sul volto del tuo amante al momento dell’orgasmo.

DOMANDA: Chi sa spiegare questi misteriosi programmi digitali?
Chi è in grado di leggere a noi giovani quark in erba dei bei racconti della buonanotte che ci fanno sentire sicuri mentre ci sciogliamo? Chi è in grado di metterci a nostro agio con la scienza caotica dei nostri selvaggi tempi? Chi può farci ridere delle strutture che si sbriciolano davanti ai nostri occhi in sorrisi einsteiniani perché la relatività e il carattere frattale dei programmi che girano sono sempre divertenti? (Perché? Perché ci sorprendono.) Chi ci farà sghignazzare come scolaretti davanti ai fatti della vita? Chi ci farà il solletico con un accurato disordine?

RISPOSTA. Gli artisti-poeti-musicisti-cantastorie. Chi rende popolare la linguistica quantistica.

James Joyce (colui che coniò la parola «quark») ci insegnò il word processing elementare e dimostrò il modo di atomizzare le molecole della grammatica. Pensate a Joyce come a un visionario primitivo, predigitale, come Alan Turing. William S. Burroughs fu il successivo scrittore alchimistico a tagliuzzare la linea verbale, a sciogliere le catene della statica forma grammaticale, a tagliare pagine di prosa liberando le guizzanti atomiche parole per lasciare che si riassemblassero in disordine casuale.

Burroughs insieme al suo amico Brion Gysin sapeva come si dispiegavano gli algoritmi, IF liberate le singole info-unità, THEN esse si combineranno in modo naturale (cioè come programmato). Burroughs fu il primo autore a usare concetti scientifici nella propria arte forse non a caso, dal momento che suo nonno fu il primo a inventare e a lanciare sul mercato con successo un computer meccanico.

Thomas Pynchon fu il più grande, e l’ultimo, dei «linguisti quantistici». (Non usiamo il nervoso termine «fantascienza» per riferirci agli scrittori quantum-scientifici). La fantascienza classica era fantasia tecno-meccanica, un serio tentativo di imporre sul futuro la legge e l’ordine dell’ingegneria. Asimov, Heinlein, Lucas, e altri furono leali dipendenti dell’azienda che usavano l’arte in un ultimo tentativo di imporre l’ordine meccanico su un futuro post-meccanico. Epigone finale degli scrittori dell’era industriale fu L. Ron Hubbard, i cui libri fabbricati sulla linea di montaggio come lattine di Coca Cola si vendono ancora a milioni di copie.

Il tempismo è tutto nell’info-mondo.

Dopo quindici miliardi di anni di evoluzione, l’esistenza di Gibson è coincisa con quella piccola «finestra» temporale tra il 1946 e il 1964 nell’America del Nord, ha colpito proprio il bersaglio! Come membro della prima generazione cibernetica (televisiva) egli non fu la sola info-unità dotata di cervello e pronta ad accendersi.

Il programma aveva preparato un milione (o giù di lì) di quark del baby boom dotati degli stessi algoritmi IF/THEN.

Permettetemi di suggerire alcune fra le tecniche usate da William Gibson per illustrare/personalizzare la psicologia quantistica (o cicologia).

Prima di tutto osserviamo come gli scritti di Gibson, come quelli di Pynchon e di Burroughs, umanizzino l’alta tecnologia. I suoi personaggi cybertech sono abitanti «di strada» di contro culture. I dispositivi digitali e i gadget della tecnologia spaziale affollano i panorami nei quali si muovono i suoi personaggi.

Il suo anti-eroi-Case, Bobby Newmark [sic], Bobby Quines, Johnny Mnemonic, socio di Fox nel New Rose Hotel, sono dei «cyberpunk». Sono dei quark. Sono dei numeri primi, divisibili per se stessi e per 1.

I quark sono dei solitari. Agenti liberi. I quark hanno una potenza hardware minimale nel mondo materiale. A loro interessano poco le istituzioni e non hanno nessuna lealtà nei loro confronti. Sono degli alienati, degli outsider, dei dropout. Loro funzione è quella di attivarsi, «accendendosi» interiormente nei confronti dello psiberspazio e di essere pronti a sintonizzarsi (connettersi) con il ciberspazio dall’altra parte dello schermo.

I quark sono individui radicali-liberi che scattano interiormente per ricevere l’istruzione algoritmica dai loro neuroni e che poi scattano verso l’esterno verso cibercittà. Quando operano «dentro» lo psiberspazio o «fuori» nel ciberspazio, sono dei piloti che navigano negli oceani di informazioni digitali.

La «dura realtà» annoia i cyberpunk, che sono più felici quando operano nella matrice interiore o esteriore.

Dixie Flatline è il cibercowboy il cui cervello (hardware biologico) venne lavato e la cui versione ROM ha fatto da allenatore di Case nel corso delle sue epiche avventure. Come premio desiderava soltanto essere lasciato solo nella matrice senza coinvolgimenti nel duro mondo.

La definizione che Gibson dà delle donne dell’era cibernetica. A differenza dei suoi personaggi maschili, quelli femminili sono forti, indipendenti, efficaci e fortemente attraenti. Sono donne sciamaniche, maghe sofisticate, giocose, spiritose, veggenti hip. Esse hanno più potere materiale, più know-how mondano, più succo politico; sembrano più a casa loro nella matrice. È come se le donne fossero già là fuori in Ciberia, a guardare con accondiscendente affetto i maschietti che si arrabattano per darsi da fare sia nel mondo materiale che in quello digitale.

Né possiamo ignorare il carattere globale, internazionale, interrazziale della sua scelta dei personaggi. Osserviamo il suo elegante mix di potere vudù, di furbo umorismo orientale e di innocenza americana. Saggiamente fonda la sua cibercultura del Secolo XXI su culture precristiane, pagane, femminili e di trance. È ispirata la sua ricerca di fondamenta nel vuduismo.

Gibson ha prodotto niente meno che il mito di base, la leggenda fondamentale, per la prossima fase dell’evoluzione umana. Egli ha la stessa funzione filosofica che Dante ha avuto per il feudalesimo e che Melville, Tolstoy, Mann e Lawrence hanno avuto per l’era industriale.

Gibson mette a nostra disposizione il cast di personaggi e i panorami del futuro immediato. Altri filosofi omerici da performance arriveranno forse per programmare, dirigere e mettere in scena i nostri futuri, ma costruiranno consciamente e con riconoscimento sulle fondamenta forniteci da Bill Gibson.

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Mario Mancini

Laureatosi in storia a Firenze nel 1977, è entrato nell’editoria dopo essersi imbattuto in un computer Mac nel 1984. Pensò: Apple cambierà tutto. Così è stato.