10.2 Data trash–Epilogo
Timothy Leary. Caos e Cibercultura — 10. Risorse
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Non è affrontare problemi informatici complessi, assorbire nuove sostanze psichedeliche o attraversare viaggi sciamanici progettuali. Non è imparare la terminologia dei virus diffusi dai media, della matematica del caos o della musica house. È immaginare come due persone possano vendere sostanze per l’intelligenza nella stessa città senza che l’una faccia impazzire l’altra. È imparare a conciliare le intenzioni delle aziende più floride di Silicon Valley con i valori degli utenti psichedelici che le hanno rese ricche.
È trasformare un locale notturno nell’equivalente moderno di un tempio Maya senza subire irruzioni da parte della polizia.
È controllare l’estratto-conto della banca per vedere se il tuo bancomat è stato scassinato e riuscire a trovare un modo di punire il ragazzo che l’ha fatto senza trasformarlo in un incallito criminale. È non seccarsi troppo per gli obiettivi prestabiliti della gente che dice di non averne, o per le vacue banalità di quelli che dicono di averne. È imparare a confezionare la verità sulla nostra cultura in porzioni di grandezza accettabile che siano media-friendly, e trovare poi un redattore disposto a farle stampare perché le ha trovate divertenti.”
La coscienza personale non avrà niente a che fare con il destino della carne nella Rete. Il mondo della Rete è lo “spirito obiettivo” di Hegel detotalizzato e sotto forma di un insieme di circuiti. I geek capiscono questo, e perciò sono diversi dai tipi rappresentativi della classe virtuale: il visionario tecnotopico ed il cinico predatore capitalista informatico, che vengono combinati spessissimo tra di loro, in proporzioni variabili, per formare un mostro ibrido. I geek valutano l’”interazione” NELLA Rete per se stessa. Preferirebbero fare del cibersesso. Trovano l’”immersione” decisamente di loro gusto. Si schierano all’interno della rete in maniera CREATIVA. I geek amano l’esperienza dell’essere scaricati e prestano la materia soft dei loro cervelli al processo consistente nel rendere tale esperienza simile ad una festa a Surf City, la “Rete aperta” che John Battelle di Wired, un sacerdote ascetico, chiude cinicamente nel nome dell’inevitabile egemonia capitalistica.
I geek si sono iperidentificati nella Rete e sono diventati, di conseguenza, degli EMBRIONI. Sarà questo il destino di tutti, comunque; i geek l’hanno abbracciato in una danza di dati nietzschiana. Quel che li distingue da una “riserva permanente” da portare nella Rete per l’elaborazione d’immagini/informazioni e la ricezione di immagini/informazioni è che essi mutano la Rete. La mutano con qualsiasi cosa, dai dati spazzatura dei messaggi di posta elettronica privi della presenza del discorso orale e della disciplina del pensiero scritto, fino ai giochi informatici più sovversivi. Forse Battelle ha ragione nel sostenere che i geek verranno buttati fuori con la forza dalla Time Warner et al., ma questa battaglia non è ancora finita. Il corpo telematico è soggetto a virus. Si deve ancora determinare con precisione di quanta materia umida cerebrale (o almeno simile al cervello) ci sia bisogno per mantenere in vita la Rete. I geek hanno dalla loro parte l’ingenuità e l’affermazione nietzschiana. La classe virtuale è immersa nella tecnotopia cinica e nel capitalismo cinico. Due visioni: A. Il corpo come risorsa d’immagini/informazioni e come ricettore d’immagini/informazioni sotto i segni cinici dell’individualismo possessivo e del capitalismo predatorio. B. Il corpo come EMBRIONE disposto creativamente in un processo di creazione di una WEB attraverso la Rete.
[…] Da una parte, il corpo indebolito diviene una sorta di protesi per la rete dei massmedia; dall’altra, il corpo elettronico è composto di dati spazzatura che lotta no per tornare in vita in forma ricombinante: per imparare rapidamente come sopravvivere agli spasmi e ai crash della vita (digitale) sulla strada virtuale.
Reclinare (nella virtualità) e nei dati spazzatura (volontariamente?); questo è il destino del corpo elettronico nell’interminabile conto alla rovescia verso l’anno 2000.
Concentrandosi sull’attuale politica americana, ma sviluppando una tesi storica più generale, Data Trash segue le tracce della volontà di virtualità man mano che essa diviene l’impulso primario del pancapitalismo (economia politica virtuale), del panorama mediale (cultura virtuale), e della storia passata (storia virtuale). Usando l’espediente letterario delle scene-evento mediali, l’analisi teorica di Data Trash subisce dei mutamenti e delle accelerazioni per mezzo delle trasformazioni in corso nella politica culturale della rete mediale. E perché no? Un libro come Data Trash è esso stesso un’incerta scena-evento: una violenta interzona tra la volontà di virtualità e la bistrattata carne (umana). […]
DATA TRASH
La teoria della classe virtuale
di Arthur Kroker e Michael A. Weinstein
Titolo originale Data Trash The Theory of thè Virtual Class
Traduzione di Giampiero e Annalisa Cara
CyberFlesh Esplorando la rete mediale
[…] “Considerando la realtà virtuale il mondo (ir)reale della frontiera elettronica, Data Trash (Dati spazzatura) opera come un esploratore galattico dello spazio profondo. Avvicinandosi alla rete mediale con esplorazioni a distanza (teoriche), conquista il mondo virtuale con l’invio, in rapida successione, di sonde mediali, per tracciare la mappa dell’economia politica della realtà virtuale e della cultura ricombinante. Poi offre una rapida panoramica di alcune decisive immagini campione della storia del crash. In questo contesto, tecnologia è sinonimo di volontà di virtualità, e la virtualità ha a che fare con il reclino della civiltà occidentale, un non-tempo storico contrassegnato da attacchi ricorrenti di violenza spasmodica e di crash casuali di tutti i grandi termini di riferimento, che hanno tutti un orizzonte limitato dalla politica dominante del fascismo liberale e del retro-fascismo. A differenza degli anni Ottanta, gli anni Novanta emergono come un’era di generale reclino culturale; un’epoca di cinico romanticismo e di amore freddo, in cui il corpo scompare in un sistema virtuale di presa d’immagini, ed in cui persino le catastrofi vengono capovolte dalla rete dei massmedia nella pubblicità speculare di un crash che non si verificherà mai.” […]
[…] “Ma forse questa è la vera Cyberia.
Non è affrontare problemi informatici complessi, assorbire nuove sostanze psichedeliche o attraversare viaggi sciamanici progettuali. Non è imparare la terminologia dei virus diffusi dai media, della matematica del caos o della musica house. È immaginare come due persone possano vendere sostanze per l’intelligenza nella stessa città senza che l’una faccia impazzire l’altra. È imparare a conciliare le intenzioni delle aziende più floride di Silicon Valley con i valori degli utenti psichedelici che le hanno rese ricche.
È trasformare un locale notturno nell’equivalente moderno di un tempio Maya senza subire irruzioni da parte della polizia.
È controllare l’estratto-conto della banca per vedere se il tuo bancomat è stato scassinato e riuscire a trovare un modo di punire il ragazzo che l’ha fatto senza trasformarlo in un incallito criminale. È non seccarsi troppo per gli obiettivi prestabiliti della gente che dice di non averne, o per le vacue banalità di quelli che dicono di averne. È imparare a confezionare la verità sulla nostra cultura in porzioni di grandezza accettabile che siano media-friendly, e trovare poi un redattore disposto a farle stampare perché le ha trovate divertenti.”
Cyberia
La vita tra le pieghe dell’iperspazio
di Douglas Rushkoff
Un viaggio affascinante nelle nuove comunità virtuali protagoniste del millennio prossimo a venire. «Cyberia» è un excursus attraverso storie vere di personaggi in stretto legame con uno spazio «espanso». Questo libro è strutturato in una serie di testimonianze di vita vissuta, un resoconto dal vivo attraverso i protagonisti del nuovo corso planetario: hacker, neopagani, matematici del caos, viaggiatori psichedelici, techno-DJ e filosofi del ciberspazio.
[…] “I ciberiani spiegano l’evoluzione dell’infosfera come la cablata di un cervello globale. Deve essere questo, lo stadio finale nell’evoluzione di Gaia, l’essere vivente che è la Terra, dove gli esseri umani si comportano come i neuroni. Da quando i programmatori di computer e i guerrieri psichedelici insieme hanno compreso che «tutto è uno» emerge un credo comune che l’evoluzione dell’umanità sia stata una volitiva progressione verso la realizzazione di Cyberia,
la prossima casa dimensionale per la coscienza.” […]”La missione della controcultura ciberiana degli anni ’90, armata di nuove tecnologie, familiare con il ciberspazio ed abbastanza audace da esplorare gli sperduti reami della coscienza, è di scegliere nuovamente la realtà con consapevolezza e determinazione. I ciberiani non stanno solo esplorando attivamente la prossima dimensione; stanno lavorando per crearla.” […]
[…] “Il celebre stile di scrittura «prismatico» di Burroughs — quasi un equivalente della musica d’ambiente di Brian Eno si lascia leggere più come una musica jazz che come le opere narrative dei suoi contemporanei. Ogni parola o giro di frase può indurre lungo una via completamente nuova di pensiero o di trama, imitando l’esperienza di chi s’avventuri in un ipertesto interdimensionale. Ma in quanto pioniere della letteratura allucinatoria non mimetica e persino pornografica, Burroughs subì condanne di tribunali e, ciò che è peggio, attraversò periodi di assuefazione alle sostanze chimiche che gli offrivano l’accesso alle remote possibilità della coscienza. A differenza degli autori ciberiani di oggi, Burroughs non fu libero di scorrazzare semplicemente nelle regioni non segnate sulla carta dell’iperspazio, ma al contrario — come i primi esploratori psichedelici fu costretto a valutare le proprie esperienze confrontandole con la realtà accettata, «sana», del mondo dichiaratamente non ciberiano nel quale viveva. Il campo morfogenetico, per così dire, non si era ancora pienamente formato.” […]
Tatuaggi
Ma una volta che si trovi all’interno di una cellula ospite, il virus si insinua nei processi replicativi della cellula, attaccandosi al suo DNA o RNA, e inganna la cellula per costringerla a produrre altri virus tramite gli stessi meccanismi che la cellula utilizza per replicare i propri geni. Sabotata così, essa non solo non è in grado di espletare le proprie funzioni originarie, ma viene costretta ad aiutare il nemico a moltiplicarsi.» (Robin M. Henig, Vogue, marzo 1988). Se non abbiamo nel codice RNA della nostra memoria vere esperienze di prima persona, come possiamo avere una certezza circa la nostra «identità» di base? E come, senza esperienze uniche, possiamo creare qualcosa che sia realmente eccentrico? Quasi ogni esperienza possibile nel mondo di oggi — dalla gita a Disneyland al safari fotografico in Africa — è già stata registrata nel cervello tramite immagine da un programma del cinema o della TV. Programma: una parola veramente adatta. Siamo programmati, ma per che cosa? Dove finisce l’immagine e dove comincia la realtà?
Tutte le pratiche della «modernità primitiva» che stanno rinascendo: il cosiddetto tatuaggio permanente, le perforazioni e la scarificazione, sottolineano il fatto che sia necessario guardare in faccia la morte stessa senza battere ciglio, come parte della lotta continuativa per liberarci dai nostri complessi, conoscere i nostri istinti nascosti, superare le aggressività inspiegabili e soddisfare impulsi devianti. La morte rimane il punto di confronto per l’autenticità e per la profondità di ogni attività. E l’erotismo [complesso] è sempre stato un nemico implacabile della morte. È necessario svelare la massa di desideri repressi dell’inconscio per consentire la nascita di un Nuovo erotismo che abbracci l’identità comune di dolore e di piacere, di delirio e di ragione, fondato su una piena consapevolezza del male e della perversione, per ispirare rapporti sociali radicalmente migliorati.
Ogni esperienza sensuale ci libera dagli impedimenti sociali «normali» e risveglia i nostri corpi mortificati. Ogni attività del genere punta verso un traguardo; la creazione dell’uomo o donna «completo» o «integrato», e in questo siamo come prigionieri che scavano un tunnel immaginario verso la libertà. La nostra risorsa più preziosa, la fantasia libera, si basa ancora sull’unica cosa veramente preziosa che possiamo mai avere e conoscere e che sia nostra per farne quello che vogliamo: il corpo umano.
Tatuaggi
Ma una volta che si trovi all’interno di una cellula ospite, il virus si insinua nei processi replicativi della cellula, attaccandosi al suo DNA o RNA, e inganna la cellula per costringerla a produrre altri virus tramite gli stessi meccanismi che la cellula utilizza per replicare i propri geni. Sabotata così, essa non solo non è in grado di espletare le proprie funzioni originarie, ma viene costretta ad aiutare il nemico a moltiplicarsi.» (Robin M. Henig, Vogue, marzo 1988). Se non abbiamo nel codice RNA della nostra memoria vere esperienze di prima persona, come possiamo avere una certezza circa la nostra «identità» di base? E come, senza esperienze uniche, possiamo creare qualcosa che sia realmente eccentrico? Quasi ogni esperienza possibile nel mondo di oggi — dalla gita a Disneyland al safari fotografico in Africa — è già stata registrata nel cervello tramite immagine da un programma del cinema o della TV. Programma: una parola veramente adatta. Siamo programmati, ma per che cosa? Dove finisce l’immagine e dove comincia la realtà?
Tutte le pratiche della «modernità primitiva» che stanno rinascendo: il cosiddetto tatuaggio permanente, le perforazioni e la scarificazione, sottolineano il fatto che sia necessario guardare in faccia la morte stessa senza battere ciglio, come parte della lotta continuativa per liberarci dai nostri complessi, conoscere i nostri istinti nascosti, superare le aggressività inspiegabili e soddisfare impulsi devianti. La morte rimane il punto di confronto per l’autenticità e per la profondità di ogni attività. E l’erotismo [complesso] è sempre stato un nemico implacabile della morte. È necessario svelare la massa di desideri repressi dell’inconscio per consentire la nascita di un Nuovo erotismo che abbracci l’identità comune di dolore e di piacere, di delirio e di ragione, fondato su una piena consapevolezza del male e della perversione, per ispirare rapporti sociali radicalmente migliorati.
Ogni esperienza sensuale ci libera dagli impedimenti sociali «normali» e risveglia i nostri corpi mortificati. Ogni attività del genere punta verso un traguardo; la creazione dell’uomo o donna «completo» o «integrato», e in questo siamo come prigionieri che scavano un tunnel immaginario verso la libertà. La nostra risorsa più preziosa, la fantasia libera, si basa ancora sull’unica cosa veramente preziosa che possiamo mai avere e conoscere e che sia nostra per farne quello che vogliamo: il corpo umano.
Tatuaggi Corpo Spirito
ReSearch
Tatuaggi, Corpo, Spirito è la traduzione di un libro cult che ha riscosso enorme successo negli Stati Uniti: Modem Primitives. Tatuaggi, Corpo, Spirito è un saggio di antropologia moderna. Esamina l’inarrestabile fenomeno dei tatuaggi, dei piercing, dell’estremismo sensoriale.
Il libro è sicuramente d’impatto per il grande pubblico, per chi si è tatuato o chi si tatuerà, per i curiosi. Le fotografie esplicite al suo interno non possono lasciare indifferenti.
Ma c’è anche un altro livello. Tatuaggi, Corpo, Spirito è un saggio che approfondisce il fenomeno dei primitivi moderni da una prospettiva culturale antropologica, filosofica, mitologica e spirituale.Questo volume esamina un forte enigma contemporaneo: il ritorno in auge delle pratiche che riguardano l’applicazione di modifiche «primitive», molto vistose (e qualche volta anche scioccanti) del corpo umano — il tatuaggio, le perforazioni multiple e la scarificazione. Nietsche, forse, ne offre la spiegazione:
«Una delle cose che possono portare alla disperazione il pensatore consiste nel riconoscimento del fatto che all’uomo è indispensabile l’illogico, e che dall’illogico derivano molte cose valide. Si radica così profondamente nelle passioni, nel linguaggio, nell’arte e nella religione e, in genere, in tutto ciò che conferisce valori alla vita, che non è possibile negarlo senza con ciò recare danno a tutte queste belle cose. Soltanto una persona troppo ingenua può ritenere possibile modificare la natura umana per farne una puramente logica.»
La civiltà, con la sua enfatizzazione della logica, può soffocarci e strangolare la vita, e allo stesso tempo un’illusione fatta di luoghi comuni su ciò che è «primitivo» non offre alcuna soluzione alla domanda: come possiamo integrare nelle nostre vite l’immaginazione poetica e quella scientifica? Esistono trappole da entrambe le parti; in particolare non si deve assolutamente presentare una qualsiasi romanticizzazione della «Natura» o della «società primitiva».
In ultima analisi il progresso scientifico e tecnologico ha eliminato molto lavoro ripetitivo e distruttivo della vita mentale e invenzioni come quella del microcomputer a basso costo hanno aperto possibilità senza precedenti per l’espressione creativa dell’individuo. Ovviamente, è impossibile il ritorno a una società autenticamente «primitiva», e quelle esistenti, quali i Tasaday delle Filippine e i Dayak del Borneo sono già irrevocabilmente contaminate.
Oltre all’aver subito un’idealizzazione discutibile e all’essere state soltanto parzialmente comprese fin dall’inizio, un esame ravvicinato rivela in molte culture primitive forme di repressione e di coercizione (come tra i Yanoamo, i cui riti prevedono che si spacchino la testa l’uno all’altro, e nei gruppi africani che praticano la clitoridectomia) che sarebbero inaccettabili per le persone emancipate di oggi. Ciò che è invece implicito nel revival delle attività «primitive moderne» è il desidero, e il sogno, di una società più ideale.
Pur sentendosi, quasi tutti, impotenti a «cambiare il mondo», gli individui possono cambiare ciò su cui hanno invece un potere: il proprio corpo. Si esplora la zona d’ombra tra il fisico e lo psichico alla ricerca di intuiti e di libertà ricuperabili. Dando un’espressione visibile e corporea a desideri sconosciuti e a ossessioni latenti, l’individuo può provocare un cambiamento, per quanto inesplicabile, nel mondo sociale esterno, oltre a liberare una parte creativa di sé, una parte della propria essenza.
Non si propone un proselitismo universale, però: c’è chi non dovrebbe assolutamente tatuarsi; perforare il proprio corpo non è segno infallibile di consapevolezza progredita. Come ha osservato Anton LeVey: «Ho conosciuto molta gente che si è tatuata e che si è modificato il corpo in mille modi, ma che è veramente fuori di testa!».
L’arte è da sempre lo specchio dei tempi. In questa epoca postmoderna in cui tutta l’arte del passato è stata assimilata, consumerizzata, pubblicizzata e replicata, l’ultimo territorio che resista alla cooptazione e alla mercificazione da parte di Musei e Gallerie d’arte, rimane il corpo umano. Perché un tatuaggio è più di una pittura sulla pelle; il suo significato e i suoi riverberi non si prestano alla comprensione di chi non sia in possesso di una conoscenza della storia e della mitologia di chi lo porta. In questo modo è una vera creazione poetica, ed è sempre qualcosa di più di quanto l’occhio non veda. Un tatuaggio ha le sue fondamenta nella pelle vivente, e così la sua essenza emette una mordacità unica nella condizione umana e mortale. Sono impossibili due perforazioni del corpo identiche; non esistono due visi, corpi o genitali identici.
Queste modifiche al corpo hanno una funzione vitale, identica a quella dell’arte: «stimolano in modo genuino la passione e sprigionano direttamente dalle fonti originali delle emozioni; non sono derivate dal serbatoio culturale.» [Roger Cardinal]
Qui la funzione più trascurata dell’arte, quella di stimolare la mente, è indubbiamente viva. E tutte queste modifiche sono testimonianze di dolore personalmente sopportato che non può essere simulato. Ciò nonostante — i macchinari della cooptazione da parte della società diventano sempre più veloci; in un numero recente della rivista “New York Woman” si parla di anelli da capezzolo non penetranti con prezzi che vanno da $26 a $ 10.000! Senza dubbio ci saranno altre commercializzazioni del genere…
Questo libro presenta un vasto assortimento di punti di vista, dal puramente funzionale («L’ampallang rende il sesso molto più sballoso!») allo stravagante poetico e metafisico. Abbiamo studiato gli archetipi, eppure sono assenti molti praticanti — semplicemente non era possibile intervistare tutti gli esponenti importanti nel campo. Molti tra i nostri soggetti hanno cominciato già da bambini i loro esperimenti: prima ancora di compiere dodici anni, Ed Hardy effettuava «tatuaggi» colorati sui propri coetanei; a quattordici Fakir Musafar aveva già messo in atto rituali presi in prestito dal National Geographic. In comune tutti hanno una creatività imperante alla quale hanno ceduto i propri corpi come supporto per l’espressione artistica.
Sempre più, la necessità di dimostrare al sé l’autenticità di sensazioni uniche e assolutamente private diventa una soglia difficile da oltrepassare. Oggi anche una cosa fondamentale come la stessa sessualità si mischia inseparabilmente a un’alluvione di immagini aliene e di suggerimenti trapiantati dai media e dalla pubblicità. Resta però un fatto relativamente certo: il dolore è una esperienza spiccatamente personale, rimane carico di un valore d’urto tangibile.
I praticanti SM più estremi sondano il territorio psichico del dolore alla ricerca di una prova «finale», mistica, che nel loro rapporto (quello tra la S e la M), si sia esplorato fino ai limiti estremi il significato della «fiducia», arrestandosi appena prima dell’infliggere/esperire la morte stessa.
Il cambiamento che costituisce un perno nel mondo del secolo XX — la diffusa deindividualizzazione dell’ uomo e della società — si è compiuta tramite l’inondazione di milioni di immagini prodotte in serie che agiscono sugli umani aggirando tutte le resistenze «logiche», colonizzando le cellule della memoria di qualsiasi osservatore ricettivo che sia a portata di mano.
Quasi senza che ci accorgessimo, le «esperienze» immediate e le semplici attività creative (per esempio gli hobby) sono stati messi da parte in favore di un ricevimento passivo di immagini che il cervello trova «piacevoli» e «rilassanti»; la televisione. Ne risulta che in tutto il mondo la gente condivide una banca-immagini di ricordi, esperienze, gesti, ruoli fasulli, anche sfumature di svariati stili linguistici, da Pewee Herman a JFK all’ultimo spot.
La nostra mente è come colonizzata dalle immagini. Le immagini sono un virus; come funziona un virus? «I virus non sono cellule; sono composti unicamente da materiale genetico, DNA o RNA.
Wadud e Waduda
L’alchimia della trasformazione
Una mappa generale della coscienza che include tre dimensioni differenti eppur complementari: i sette corpi sottili, i sette chakra e i sette livelli di coscienza. Tali mappe potranno aiutare a toccare con mano il territorio dell’essere, grazie a un’esperienza diretta: allora si potrà spaziare liberamente nell’infinità realtà che ciascuno di noi è.
Wadud e Waduda sono devoti di Osho, un Maestro Illuminato. Sono due mistici che si sono seduti ai piedi del Maestro e, in meditazione, hanno ricevuto segreti esoterici che hanno poi passato a migliaia di altri ricercatori, acquisendo un alto rispetto nel mondo della meditazione e del misticismo.
Per quale motivo in quest’epoca stanno emergendo i mistici? In un’epoca scientifica, di esperienze psichiche, di spiritualità e di religione, la gente sente il bisogno di portare a una fusione l’insieme di questi elementi, per vivere una vita più appagante.
Il tocco del maestro. Massaggio pischico
di Ma Sagarpriya
In questo libro, Wadud e Waduda creano un ponte verso un nuovo stile di vita nel quale viene a mutare la prospettiva della spiritualità, vista come un sentiero arduo e di negazione della vita, sostituito da una scoperta gioiosa e al culmine della vitalità, di ciò che si è.
Questo libro non è un semplice trattato filosofico, ma una guida pratica che porta, passo dopo passo, a includere la sfera esoterica nella propria vita quotidiana. Le tecniche presentate possono trasformare la vita del lettore a ogni livello: dal lavoro alle relazioni, dalla sessualità alla percezione stessa del mondo, a come si comunica e si esprime la propria creatività. Tutto questo porta a una più profonda e diretta comprensione dell’esistenza.
L’Autrice
Ma Sagarpriya (Roberta DeLong Miller) inizia la sua carriera come psicoterapeuta all’Istituto Esalen di Big Sur; in California (USA). È membro dello staff dal 1969 al 1971 e, per un anno, dirige il programma di massaggio. Durante questo periodo sviluppa un approccio assolutamente nuovo che unisce il massaggio alla lettura intuitiva delle energie corporee.
Nel 1977 Ma Sagarpriya diventa discepola di Osho: «alla presenza di un Maestro diventa possibile una storia magica», spiega, «Io ho udito il mormorio di un bambù cavo — in Oriente un uomo simile viene chiamato “il Maestro” — e mi sono messa nelle vicinanze a osservare, ad ascoltare, a imparare. I miei occhi si sono aperti lentamente… e il mio lavoro è cambiato lentamente, profondamente, inesorabilmente.»
Oggi Ma Sagarpriya coordina il training di Massaggio Psichico e insegna il lavoro energetico denominato «Star Sapphire», un nuovo metodo terapeutico da lei ideato nel corso degli ultimi anni, nella Osho Commune International di Poona in India, e in Europa, soggiornando spesso anche in Italia.
Il tocco del Maestro
Il «vuoto» è il concetto essenziale che fa da filo conduttore a questo libro. Il lettore imparerà a sentirlo dentro di sé e a sentirlo nell’altro. Il vuoto è la realtà della natura umana. Ma l’essere umano ha imparato a evitare questa realtà e a usare le proprie energie lungo percorsi e verso scopi che non danno alcun appagamento reale.
Grazie a questo libro, colui che dà un Massaggio Psichico può scoprire come dipanare le fila intricate o ingarbugliate della personalità del cliente in modo che egli abbia più spazio vuoto dentro di sé, e più libertà per esistere semplicemente. Allorché si vedrà sviluppata una sessione completa di Massaggio Psichico, il lettore potrà capire il motivo per cui l’intuizione di un Maestro illuminato era necessaria all’evoluzione di questo metodo terapeutico. È Osho, infatti, un mistico illuminato contemporaneo colui che ha ispirato, con la sua saggezza e la sua presenza, l’autrice lungo questo infinito e inesauribile percorso di guarigione e di consapevolezza.
Il nutrimento degli dei
Terence McKenna
L’opera rivoluzionaria di Terence McKenna, celeberrimo etnobotanico, cerca in modo metodico e sistematico di affrontare la storia dell’evoluzione dell’umanità stimolata e mediata dall’incontro con piante sacre e psichedeliche.
Esplora e illustra, con riferimenti accuratamente documentati, a partire dalla nascita della cultura umana fra i primi ominidi nel Sahara occidentale, un’interpretazione alternativa dell’evoluzione della coscienza umana che colloca le piante psicoattive non tra le insidie sulla strada verso la civiltà moderna, ma tra gli strumenti usati dai nostri antenati per salire la scala evolutiva.
Nel suo esame, pacato, sempre chiaro e semplice, del cammino umano verso il nostro secolo, e nel la sua proposta per una civiltà futura in cui siano eliminate le cause dei mali attuali, McKenna non manca di fornire una seria e spassionata descrizione di molte sostanze psicoattive ritrovate nel regno vegetale: psilocibina, ayahuasca, Soma, Amanita muscaria e altri funghi, segale cornuta, peyote, e altre ancora; ma anche altre sostanze, quali alcool e tabacco, che malgrado le loro proprietà spesso non vengono considerate come droghe, e anche altre so stanze c he pochi hanno mai considerato da questo punto di vista: non soltanto tè e caffè, ma anche lo zucchero e il cacao.
Il mio bambino diffìcile
Albert Hofmann
Lo sguardo retrospettivo di Albert Hofmann sulle tappe della sua vita, che la fatidica scoperta dell’Lsd ha cambiato radicalmente:
«In questo libro desidero offrire un quadro completo dell’Lsd, della sua origine, dei suoi effetti e delle sue possibilità d’impiego; nonché avvertire dei pericoli che sono associati a un consumo che non tenga conto della natura straordinaria dell’azione di questa sostanza».
Dopo un periodo durante il quale venne impiegato quasi esclusivamente in medicina e nella ricerca biologica, negli anni Sessanta l’Lsd fece la sua comparsa pubblica tra gli stupefacenti dell’epoca, divenendo per lungo tempo, soprattutto negli USA, la droga numero uno per quel che riguardava il consumo di massa e i problemi connessi a questo.
Come conseguenza, le autorità sanitarie promulgarono un divieto che interessò anche l’impiego dell’Lsd e delle sostanza affini nella pratica medica, in psichiatria e in psicologia questo divieto dura tuttora. Mentre l’uso terapeutico dell’Lsd si arrestava, aumentava il suo consumo in circoli privati, con tutti i pericoli e le circostanze negative che un uso illegale comporta.